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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Contributi non versati, condannato l'ex editore de La Voce di Romagna

Giovanni Celli risulta tuttora indagato per i reati di malversazione a danno dello Stato, falso in bilancio e bancarotta fraudolenta

Oltre 150mila euro di ritenute d'acconto non versate allo Stato sono costati una condanna a 1 anno e 3 mesi, come da richiesta del pubblico ministero, a Giovanni Celli ex editore de La Voce di Romagna difeso, per questa vicenda, dall'avvocato Monica Cappellini. L'imprenditore, pur percependo i fondi dello Stato per l'editoria, nel 2006 aveva smesso di versare le ritenute d'acconto per poi, in ritardo, pagare alcune rate fino a smettere del tutto. Celli, che fino al fallimento della Editrice La Voce nel luglio del 2015 ne era l'amministratore unico, è attualmente indagato dalla Guardia di Finanza di Rimini nell'ambito dell'inchiesta Undertone. Arrestato lo scorso ottobre, e finito ai domiciliari con le accuse di malversazione a danno dello Stato, falso in bilancio e bancarotta fraudolenta, la misura cautelare è stata poi revocata mantenendo quella dell'obbligo di dimora.

La vicenda legata alla Voce di Romagna era emersa a maggio 2015, quando i giornalisti avevano reso pubblica la loro situazione e chiesto il pagamento di quasi un anno e mezzo di stipendi arretrati. In quell’occasione la Procura della Repubblica di Rimini aveva aperto un fascicolo d’indagine per truffa aggravata ai danni dello Stato a carico di Gianni Celli (amministratore e presidente del giornale). Secondo gli accertamenti della Guardia di Finanza i contributi pubblici all’editoria percepiti fino al 2011 sarebbero finiti ad altre società, non solo a quella editrice del quotidiano. Già dal 2014 il giornale romagnolo (che copre le province di Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena) aveva i conti in rosso e non avrebbe pagato giornalisti, collaboratori e fotografi. Dal 2003 in poi, tuttavia, la Voce ha beneficiato di quasi 21 milioni di euro di fondi pubblici. L’ultima quota risale al 2011, ed è pari a oltre un milione e mezzo di euro. Ed è proprio sull’utilizzo di questi soldi che la Procura ha voluto far luce.

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