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Cronaca

Rimini primeggia per sequestro di immobili abusivi, la regione al 12esimo posto per reati ambientali

Come emerge dal rapporto "Ecomafia 2020" curato da Legambiente regionale, in collaborazione con Libera, i numeri sono quasi raddoppiati rispetto all'anno scorso

L'Emilia-Romagna non è in vetta alla classifica delle regioni dove si commettono reati ambientali (nel 2019 è al 12esimo posto nazionale), ma la situazione non è tranquilla. I casi di attività illecite legate alla filera edilizia, al traffico di rifiuti, a quello di animali, agli incendi dolosi e ai danni al patrimonio archeologico sono infatti stati 1.178, quasi raddoppiati -più 48%- rispetto all'anno precedente. Emerge dal rapporto "Ecomafia 2020" curato da Legambiente regionale, in collaborazione con Libera e il patrocinio dell'associazione avvocati di Bologna. Per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti, gli episodi specifici riscontrati sono stati 851, cresciuti del 36%. Le province con il più alto numero di reati di questo tipo commessi (40 ciascuna) sono Forlì-Cesena e Reggio Emilia, dove proprio ieri i Carabinieri forestali hanno concluso l'importante operazione "Esmeralda" su un traffico di batterie esauste che ha coinvolto anche Lombardia, Veneto e Toscana. La provincia della città del Tricolore ha anche il maggior numero di persone denunciate, mentre Rimini ha il primato di sequestri di immobili abusivi costruiti su terreni demaniali, come stabilimenti balneari, la cui realizzazione interessa in tutta Italia soprattutto le zone costiere. Il trend in crescita delle irregolarità è confermato anche dal generale Fabrizio Mari, comandante regionale dei Carabinieri forestali, che segnala come i reati perseguiti nel 2020 sono stati 765, contro i 698 del 2019 e i 551 del 2018. Alla voce "tutela del territorio" gli illeciti accertati l'anno scorso sono stati 117, con 126 denunce e 10 sequestri effettuati. I comportamenti oggetto di violazioni amministrative sono invece stati 805 e hanno fatto scattare sanzioni per 398.000 euro. Numeri che Enrico Fontana, responsabile dell'osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente, legge in positivo come frutto di controlli efficaci, anche alla luce dei dati sull'adeguamento alle prescrizioni date da autorità e enti ambientali, che si aggirano intorno al 30% dei casi. Fontana sottolinea inoltre che "non tutti sono reati di mafia, ma sempre legati ad attività economiche e di impresa".

Le eccezioni però non mancano e sono ricordate da Sofia Nardacchione, responsabile del settore informazione di Libera, che cita le due principali vicende emerse dal maxi processo Aemilia contro la 'ndrangheta. Da un lato "l'affare Sorbolo" in provincia di Parma, un intero quartiere costruito dalla cosca (oggi confiscato) a detrimento del risparmio di suolo agricolo. Dall'altro l'utilizzo di "cemento all'amianto" utilizzato dalla ditta Bianchini di Modena nei lavori di ricostruzione post sisma del 2012. "L'impatto mafioso- spiega Nardacchione- non viene spesso percepito come pericoloso in prima persona. Queste vicende mostrano invece la pericolosità delle mafie che guadagnano in modo illecito a scapito dell'ambiente e dei cittadini che lo vivono". Le diverse sfaccettature che rendono difficile il contrasto ai reati ambientali le spiega Lavio Lazzarini, magistrato della Procura distrettuale antimafia di Bologna, per cui sono pane quotidiano. Nel 2020 l'ufficio di cui fa parte ha aperto 10 inchieste, 39 negli ultimi quattro anni. Un primo problema sta nell'individuare chi commette gli illeciti, in maggioranza "imprese che svolgono legittimamente la propria attività" ma commettono "violazioni di prescrizioni molteplici e ripetute, quindi dobbiamo affrontare abnormità di condotte che non sono legate all'attività imprenditoriale tout court".

Inoltre i processi che vengono istruiti contro le aziende sono caratterizzati da "ottime difese, consulenti e contradditori particolarmente complessi". Il traffico di rifiuti poi, non si fa più "alla vecchia maniera con un camion e poche persone", ma è tutto schermato da autorizzazioni apparentemente in regola e catene di imprese, magari inesistenti o intestate a prestanome. Lo smaltimento illecito di rifiuti, continua Lazzarini, "avviene oggi principalmente mediante lo stoccaggio in capannoni, che sono molto difficili da individuare, tanto che spesso vengono scoperti solo quando scoppia un incendio". A questa modalità messa in atto da imprese non del tutto criminali, ci sono poi i reati delle mafie vere e proprie. Un traffico in voga è quello del cosiddetto "oro rosso", il rame, quasi sempre rubato. Il presidente di Legambiente Emilia-Romagna Lorenzo Frattini conclude avanzando al Governo alcune proposte puntuali che riguardano l'approvazione di due disegni di legge fermi in Parlamento su agromafie e reati contro il patrimonio culturale e archeologico. Chiedendo inoltre di inserire nel codice penale inasprimenti di pene per i reati di traffico di rifiuti e maltrattamenti degli animali. Emma Petitti, presidente dell'Assemblea legislativa regionale, assicura che "le istituzioni ci sono" e ricorda il lavoro di promozione della legalità e della cittadinanza attiva, che la Regione porta avanti da anni nelle scuole.

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