I ristoratori sfidano il Dpcm, le associazioni di categoria invitano alla cautela: "Si rischiano multe"
Fipe-Confcommercio e M.i.o. contrarie alla proposta di riaprire per protesta i locali il 15 gennaio
L'appuntamento è fissato per venerdì 15 gennaio, vigilia dell'entrata in vigore del nuovo Dpcm che dovrebbe prevedere misure ancora più restrittive per bar e ristoranti. Stremati da mesi di chiusure, gli osti contestano la proroga dello stop alle cene se non per consentire la consegna a domicilio ai clienti e l'asporto che però potrebbe essere vietato dopo le 18 per i bar. L'idea, allora, è quella di una protesta pacifica che prende la forma della “disobbedienza civile” senza però trasgredire le norme: i clienti si siederanno ai tavoli ma non consumeranno, ma sarà l'occasione per scattarsi una foto e solidarizzare con una categoria allo stremo. La rivolta viaggia sui social con gli hashtag #ioapro e #nonspengopiùlamiainsegna. Tutto è nato da un appello lanciato su Facebook e che, in poco tempo, ha fatto il giro del Paese con le associazioni di categoria che però invitano alla prudenza per non rischiare pesanti sanzioni per i titolari e anche i clienti.
#IO APRO, BUBANA PRONTO ALLA SFIDA
“Fipe-Confcommercio non aderisce alla protesta che ha portato alcuni ristoratori ad annunciare l’apertura dei propri locali venerdì 15 gennaio nonostante i divieti imposti dal Dpcm in vigore. Come Associazione di categoria – spiega il presidente di Confcommercio della provincia di Rimini, Gianni Indino - non metteremo mai le imprese del territorio in difficoltà, incitandole a disubbidire alle Leggi dello Stato. Riteniamo che non sia questo il ruolo di un’Associazione seria, che come primo obiettivo si pone la tutela dei propri associati. Continueremo a lavorare per i settori messi in ginocchio dalle conseguenze della pandemia, continueremo a cercare soluzioni, a chiedere ristori a fondo perduto, moratorie e dilazioni sulle imposte, anche quelle legate alle utenze, e un efficace accesso al credito che non venga condizionato dalla burocrazia. Continueremo a pressare il Governo affinché abbandoni il balletto dell’incertezza che logora oltremodo le imprese e ponga in essere misure coerenti, strutturali e di ampio respiro anche in vista della distribuzione dei fondi del Recovery Plan. Il CTS ci dice che per evitare un’ulteriore propagazione del contagio da Covid-19 bisogna rispettare le regole: io non sono un virologo – continua Indino - e posso solo accettare quel che dice la scienza. Le proteste, se fatte nel rispetto degli altri, sono legittime, ma attenzione a chi dice che non possono portare a sanzioni. L’Art. 3 del DL Ponte replica, in sostanza, la struttura sanzionatoria dei precedenti Dpcm. Ne deriva che le violazioni delle misure restrittive imposte potranno esser punite: con una sanzione amministrativa da 400 a 1.000 euro, suscettibile di essere applicata sia agli esercenti che ai consumatori; per quanto riguarda le categorie rappresentate, con la sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni; eventuale configurazione a carico dei trasgressori di gravi ipotesi di reato, come i delitti colposi contro la salute pubblica di cui all’art. 452 c.p".
"Invito tutti alla calma - prosegue Indino - pur sapendo quanto sia dura, anche perché confortati dai dati sui controlli fatti resi noti dal ministero dell’Interno: dall’inizio del lockdown, su 8,5 milioni di controlli nelle attività economiche, solo 0,19% si è tradotto in sanzione, certificando che le imprese rispettano linee guida e protocolli. Anche per questo continuiamo a chiedere con forza la riapertura delle attività di pubblico esercizio, anche in orario di cena, perché capaci di ottemperare alle regole imposte. Non siamo contenti delle decisioni prese dal Governo che ha dimostrato in più di un’occasione di navigare a vista, ma proprio per questo dobbiamo continuare a comportaci con lucidità senza farci sopraffare dalla rabbia”.
“Non abbiamo iniziato adesso, abbiamo lavorato fin dal primo giorno di lockdown ormai un anno fa – dice Gaetano Callà, presidente di FIPE della provincia di Rimini e consigliere nazionale -, anche ottenendo risultati, magari non sufficienti ma comunque fondamentali, come i vari ristori, che di certo non sarebbero arrivati senza un’azione coordinata e pressante di tutto il sistema associativo e non solo. Il presidente FIPE, Stoppani, insieme ai sindacati dei lavoratori, sarà al tavolo del ministro dello Sviluppo Economico, Patuanelli per elaborare insieme un piano organico di interventi per imprese e lavoratori dei pubblici esercizi, anche con l’obiettivo di programmare una veloce riapertura in sicurezza dei locali, garantendo anche il servizio di cena. Purtroppo è innegabile: circa il 40% dell’intero fatturato annuo del settore pubblici esercizi è andato in fumo ed è normale essere arrabbiati con chi impone le restrizioni, ma invito tutti alla ragionevolezza perché farsi guidare dalla rabbia porta solo problemi, perché ogni decisione magari presa in buonafede rischia di diventare un boomerang e di essere strumentalizzata per fini che nulla hanno a che fare con l’impresa”.
"Il Governo sta aspettando questa mossa sbagliata da parte degli imprenditori - avverte Lucio Paesani di M.i.o.. - Per un anno ha usato gli imprenditori dei locali come capro espiatorio per giustificare il progredire dell'epidemia e adesso, che è tata dimostrata la non correlazione tra movida e Covid, deve correre ai ripari. Il consiglio che come M.i.o. diamo ai nostri associati è quello di non aderire a questa forma di protesta per non prestare il fianco a un pugno di ferro. La disobbedienza la possiamo fare come cittadini dove, al massimo, rischiamo una multa di 400 euro che non pagheremo mai perché frutto di decreti illegittimi. Come imprenditori non ce lo possiamo permettere perché, nel caso, per avere giustizia dovremmo ricorrere al Tribunale e ci verrebbe data ragione dopo un processo durato anni".