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Cronaca Santarcangelo di Romagna

Il film su Raffaello Baldini vince a Roma, è il miglior documentario dell'anno

Il festival "Cinema al Maxxi" premia il regista Soldini: nel progetto tanti artisti romagnoli, fra cui Marescotti, Castiglioni e Fucci

"Treno di parole ha vinto premio Miglior documentario dell’anno all'Extra Doc Festival al Maxxi di Roma. Speriamo che da qui in avanti i lettori di Raffaello siano sempre di più". Con queste parole intrise di orgoglio e gioia il regista Silvio Soldini annuncia la vittoria per il film dedicato al poeta santarcangiolese Raffello Baldini, presentato in anteprima anche nel borgo clementino.

Il concorso, a cura di Mario Sesti, ha riunito le migliori espressioni del documentario italiano nell’ambito della sesta edizione di Cinema al Maxxi. I vincitori sono stati premiati domenica all’Auditorium del Maxxi. Nel film le poesie in dialetto di Baldini, lette e recitate da amici, poeti o da attori come Gianni Fucci (recentemente scomparso), Ivano Marescotti, Silvio Castiglioni e Gigio Alberti, rimuginano velature di ironia e mistero, quasi felliniane, per il nulla e la morte. Soldini è abile nel costruire per accumulo di voci, versi, foto, super8, la figura di questo intellettuale timido e strepitoso (una sorta di Beckett in romagnolo), che per anni è stato caporedattore della cultura a Panorama coltivando senza sosta nel privato dei versi di intelligenza e musicalità rapinosi, in grado di lasciare a bocca aperta Ronconi o Cavazzoni.

La giuria ha premiato il doc per "il suo linguaggio frugale, quasi spoglio, il film racconta poesia e chiaroscuri esistenziali e ambientali di Raffaello Baldini, poeta romagnolo e autorevole giornalista. Soldini è altrettanto incisivo, per economia e intensità, a costruire la figura di questa voce tenue e folgorante, sobria ma acuminata la cui poesia torrenziale in vernacolo, portata anche con successo a teatro, è immersa, piena di ironia, di tremore, di mistero e tenerezza, in un angolo di provincia. Il regista guida con sapienza lo spettatore fino al rammarico che genera la classica figura di talento dalla personalità schiva e la biografia appartata, privato di una visibilità di massa ma non della dedizione e dell’ammirazione di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo".

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