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Cronaca

Scatta il fermo pesca, stop al pesce fresco in tavola per oltre un mese

Coldiretti Impresapesca lo ritiene un provvedimento troppo rigido, in particolare in un momento in cui la pandemia ha portato a "un crack da 500 milioni di euro"

Scatta lo stop per la pesca in mare Adriatico tra le proteste di Coldiretti Impresapesca che lo ritiene un provvedimento troppo rigido, in particolare in un momento in cui la pandemia ha portato a "un crack da 500 milioni di euro". Niente pesce fresco a tavola fino a settembre quindi per il fermo pesca che dal 31 luglio bloccherà le attività dei pescherecci dal Friuli Venezia Giulia al Veneto, dall'Emilia Romagna fino a parte delle Marche e della Puglia. Lo stop inizialmente varrà infatti, come spiega Coldiretti, da Trieste ad Ancona (dove si tornerà in mare il 5 settembre) e da Bari a Manfredonia (rientro previsto il 29 agosto), mentre lungo l'Adriatico nel tratto centrale da San Benedetto e Termoli le attività si fermeranno il 16 agosto, fino al 16 settembre. Sul mar Tirreno il blocco scatterà da Brindisi a Napoli dal 6 settembre al 5 ottobre. Il 4 ottobre partirà, invece, il fermo da Livorno a Imperia mentre per Sicilia e Sardegna l'interruzione delle attività sarà, infine, fissata su indicazione delle Regioni mentre da Gaeta a Civitavecchia è stato effettuato dal 12 giugno all'11 luglio. Come lo scorso anno, spiega Coldiretti Impresapesca, in aggiunta ai periodi di fermo fissati, i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco che vanno da 7 a 17 giorni a seconda della zona. Per Coldiretti il fermo quest'anno cade "in un momento difficile", poiché "il blocco dell'attività va a sommarsi all'aumento drastico della riduzione delle giornate di pesca imposta dalla normativa europea, per le imbarcazioni operanti a strascico". Per alcuni segmenti di flotta, denuncia Coldiretti, le giornate di effettiva operatività a mare sono scese a 140 all'anno, "rendendo non più sostenibile l'attività di pesca, considerata anche l'assenza di un efficace sistema di ammortizzatori e di valide politiche di mercato capaci di compensare le interruzioni".

Senza la riduzione del periodo fisso di blocco, almeno per l'areale Adriatico, "l'assetto del fermo pesca 2021 non risponde ancora alle esigenze delle aziende- prosegue l'associazione di categoria- le quali si trovano ancora costrette a concentrare un attività che deve sostenere l'impresa di pesca per 365 giorni in appena 140-170". Per compensare tali drastiche riduzioni- sostiene Coldiretti Impresapesca- il settore avrebbe bisogno di scegliere autonomamente quando operare e quando fermarsi in base alle condizioni di mercato, alle necessità di manutenzione delle barche o alle ferie del personale". Troppo "rigido" dunque il fermo attuale che "peraltro- prosegue- continua a non rispondere alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato delle risorse nei 35 anni di fermo pesca, per alcune specie, è progressivamente peggiorato, come anche parallelamente lo stato economico delle imprese e dei redditi dei lavoratori". Alle problematiche strutturali del settore si aggiungono quelle causate dalla pandemia: per Coldiretti è costata 500 milioni di euro tra produzione invenduta, crollo dei prezzi e chiusura dei ristoranti, senza dimenticare l'aggravio di costi per garantire il rispetto delle misure di distanziamento e sicurezza a bordo delle imbarcazioni. Inoltre, "se si considerano anche gli effetti combinati dei cambiamenti climatici, delle importazioni selvagge di prodotto straniero e di una burocrazia asfissiante, il risultato- spiega Coldiretti Impresapesca- è la perdita nello spazio di un trentennio del 33% delle imprese e di 18.000 posti di lavoro, con la flotta ridotta ad appena 12.000 unità e con una vetusta età media del naviglio di circa 36 anni".  (fonte Dire)

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