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Cronaca

Vaccinazioni, Rimini è la maglia nera della Regione. L'allarme del vicesindaco Lisi

Nel 2014 nella provincia di Rimini la percentuale di obiezione è stata del 10,5%, in regione si ferma  tra il 3 e il 4%. I livelli di obiezione raggiunti possono davvero mettere a rischio la salute di un territorio

"Ci sono primati di cui si farebbe volentieri a meno, tra questi rientra quello che assegna alla provincia di Rimini la maglia nera per i vaccini, una profilassi ignorata in 13 casi su 100; ma è tutta l'area Romagna ad avere percentuali di coperture più basse rispetto l'Emilia". A lanciare l'allarme è il vicesindaco di Rimini, Gloria Lisi, con delega alla protezione sociale nel commentare i numeri messi nero su bianco nel report della Regione Emilia Romagna e presentati da un preoccupato Sergio Venturi, assessore alla sanità della Regione Emilia Romagna, che arriva a proporre di «ricominciare a segnalare alla Procura dei minori i genitori che non vaccinano i figli». "Sono parole forti - spiega la Lisi - che nella sostanza mi sento di rilanciare. Nel 2014 nella provincia di Rimini la percentuale di obiezione è stata del 10,5%, in regione si ferma  tra il 3 e il 4%. I livelli di obiezione raggiunti possono davvero mettere a rischio la salute di un territorio.  Nelle vaccinazioni obbligatorie al secondo anno di vita (difterite, tetano, poliomielite ed epatite B), Rimini ha un tasso di copertura dell’87%, mentre per le stesse malattie a Bologna il tasso di copertura è del 95,2% e in media in Regione arriva al 94,5%".

Se a Bologna l'attenzione su questa tematica è esplosa in seguito al recente caso di cronaca della morte per pertosse di una bimba di soli 28 giorni, i numeri del report riportano anche a casa nostra problemi e preoccupazioni che sembravano francamente superati.  A peggiorare la situazione la recente riforma della scuola che abolisce il divieto di portare a scuola il certificato medico del pediatra al rientro dei bimbi da un periodo di malattia. "L'allarme - aggiunge il vicesindaco - mi è comunicato questa volta  direttamente  dalle nostre maestre e dal coordinamento pedagogico che, sempre più spesso, si trovano impotenti nel gestire situazioni che solo fino l'anno scorso erano tranquillamente monitorate e formalizzate dai pediatri, tramite i certificati medici".

"Il nostro sistema sanitario nazionale - prosegue la Lisi - è, storicamente, tra i più attenti in materia, con una copertura capillare di tutto il territorio. I dati evidenziano come il calo improvviso delle vaccinazioni sia un fenomeno recente, attuale, iniziato nel 2012 e tuttora in espansione. Sicuramente in questo recente cambio di prospettiva incide anche la diffusione sempre più ampia dei social network, dove è molto attivo il tam tam delle associazione di obiettori (anche in questo caso soprattutto nella nostra provincia) e gli interventi di mamme e genitori contro i vaccini. Non solo, se una volta i pericoli provenivano da contesti socialmente e culturalmente più degradati, oggi questa minore attenzione alla vaccinazione si impenna nella fascia medio alta della popolazione. Il risultato è che si ricominciano a segnalare virus che non vedevamo da anni".

"Io stessa - conclude la Lisi - mi sono interrogata come madre se fosse giusto vaccinare o meglio i miei figli. Mi sono confrontata con alcune amiche e conoscenti, anche loro neo mamme o neo babbi, ricevendo pareri e opinioni diverse. Nel dubbio ho chiesto consiglio ad un amico medico. Non mi parlò da amica ma da medico, soffermandosi sulla sua esperienza personale, durante la quale aveva visto diversi casi di bimbi ricoverati per una mancata vaccinazione o perché i propri genitori non avevano seguito le modalità e le tempistiche corrette. Oltre al racconto della sua esperienza diretta, approfondì alcuni aspetti scientifici che mi fecero propendere infine per la vaccinazione dei miei figli. L'appello che lancio alle famiglie è quindi quello di fare riferimento prima di tutto al proprio pediatra e alla scienza. Non trovo nulla di male nell'auto informazione, ma nessun sito, nessun gruppo e nessun profilo di social può sostituire la scienza, la capacità medica e la specifica analisi di un pediatra".

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