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Economia

Cia Romagna: "L'olivicoltura va rilanciata, dev'essere competitiva"

L’olivicoltura locale rappresenta nel panorama italiano una piccola parte rispetto alle regioni del Sud, ma c’è con la sua storia e il suo valore

Alla Direzione via meet di Cia Romagna, ha partecipato Anna Rufolo del dipartimento sviluppo agroalimentare e territorio di Cia Nazionale e presidente del Gruppo di lavoro Copa-Cogeca. Come di consueto la Direzione, oltre ai lavori ordinari, approfondisce temi specifici ed è stata la volta dell’olivicoltura che, come messo in evidenza da tutti gli interventi, non ha valore solo dal punto di vista produttivo, ma anche da quello paesaggistico e di presidio del territorio, che può salvaguardare e raccontare al pari della vitivinicoltura. Tanti i temi aperti, dalla competitività, alla produzione, alla burocrazia per le certificazioni.

L’olivicoltura locale rappresenta nel panorama italiano una piccola parte rispetto alle regioni del Sud, ma c’è con la sua storia e il suo valore. Nel territorio romagnolo, compreso nelle aree delle province di Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna, è concentrata pressoché la totalità della coltura olivicola regionale: nel 2020 erano circa 3.724 ettari coltivati in Romagna (dei quali circa 3.249 ettari in produzione). Il territorio romagnolo esprime le due Dop regionali “Brisighella” e “Colline di Romagna”. Le aree geografiche di riferimento e più importanti per la coltivazione dell’olivo in Romagna sono le valli dei fiumi Marecchia, Marano e Conca in provincia di Rimini, le valli del Rubicone, del Savio, del Bidente e del Montone in provincia di Forlì-Cesena, le valli del Senio e del Lamone in provincia di Ravenna. Il metodo di produzione biologica è sempre più utilizzato e in incremento anche l’utilizzo di esche e lotta guidata. Gli ettari coltivati a olivo sono 1684 in provincia di Rimini, 1390 a Forlì-Cesena e 650 a Ravenna, per una produzione che si è assestata rispettivamente su 150, 120 e 144 tonnellate di olio nel 2020 (39 tonnellate complessive l'olio Dop).

Anna Rufolo ha presentato una dettagliata fotografia dell’olivicoltura a livello internazionale, europeo e italiano. Si è soffermata sugli indirizzi dei “programmi di sostegno” al comparto olivicolo-oleario nazionale che partiranno il 1 aprile e si concluderanno entro il 31 dicembre 2022, con una dotazione complessiva di 69,2 milioni di euro di cui 34,59 milioni quale contributo comunitario annuale. Almeno il 20% di queste risorse sono destinate al miglioramento ambientale (sostenibilità); almeno il 30% al miglioramento della qualità della produzione di olio d’oliva e delle olive da tavola; almeno il 15% al sistema di tracciabilità, alla certificazione e alla tutela della qualità. Un’altra parte è dedicata al miglioramento della competitività attraverso la modernizzazione.

È stato poi fatto il punto sulle criticità e sulle opportunità che il comparto italiano presenta e sono state illustrate le proposte di azione della Cia:

Criticità - Della situazione italiana la Rufolo ha messo in evidenza l’eterogeneità delle aziende del comparto e allo stesso tempo l’importanza di tutte, anche di quelle meno strutturate dal punto di vista del mercato ad esempio, perché comunque hanno un grande valore per l’ambiente e il territorio; l’andamento altalenante della produzione (a causa del clima e di problematiche fitosanitarie), che rappresenta una criticità insieme alla frammentazione della struttura produttiva (oltre 820mila aziende per un milione di ettari di superficie) e della struttura di trasformazione (5mila frantoi per una produzione media di olio annua di circa 250mila tonnellate sui 3 milioni di tonnellate mondiali, delle quali oltre 2 milioni sono europee e di queste un milione e seicento spagnole).  Fra le altre criticità la redditività non soddisfacente, la difficoltà a trasmettere al consumatore il rapporto qualità-prezzo del prodotto che trova a scaffale e la mancanza di una visione politica di prospettiva dell’Italia dell’olivicoltura.

Opportunità - Fra le opportunità messe in evidenza dalla Rufolo troviamo: il legame territoriale; la connotazione culturale (si è fatto riferimento all’importanza del progetto dell’olioturismo ora sospeso a causa dell’emergenza sanitaria); i benefici sulla salute; l’elevata biodiversità; l’elevata sostenibilità ambientale; spazi di crescita al consumo globale enormi.

Proposte di azione della Cia per il settore – Cia ritiene "non più rinviabile un rilancio dell’olivicoltura italiana, che è presidio territoriale, fonte di reddito per aziende localizzate su quasi tutto il territorio nazionale, fornitura di un alimento a riconosciuto valore nutrizionale". Secondo Cia "è urgente lavorare per una olivicoltura competitiva, innovativa e aperta, connessa da un lato al territorio e dall’altra al mercato, puntando su quattro azioni indispensabili: incremento della produzione nazionale, valorizzazione della qualità e salvaguardia del rapporto con i territori; ricerca, innovazione e sviluppo per competitività e sostenibilità; approccio con il mercato: aggregazione, organizzazione della filiera e rapporto con la Gdo; cooperazione con l’area del Mediterraneo".

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