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Economia

Per micro e piccole imprese una sola parola: recessione

Una brutta congiuntura quella che si è chiusa nel 2011. Tra le micro e piccole imprese si respira un clima di pesante recessione E i motivi ci sono tutti

Una brutta congiuntura quella che si è chiusa nel 2011. Tra le micro e piccole imprese si respira un clima di pesante recessione. E i motivi ci sono tutti. A partire dall’andamento negativo di quasi tutti gli indici economici. Male il fatturato che già aveva rallentato a inizio 2011, ordini e commesse. Aumentano i costi e non si assume. Questo il quadro evidenziato dai dati relativi alla seconda metà del 2011 rilevati da TrendER.

Si tratta dell’Osservatorio congiunturale della micro e piccola impresa (da 1 a 19 addetti) realizzato da CNA Emilia Romagna e Banche di Credito Cooperativo con la collaborazione scientifica di ISTAT sui bilanci di 5.040 imprese associate in regione. Risultati che insieme ad un sondaggio che ha testato umori e aspettative di un campione di piccoli imprenditori CNA sono stati presentati lunedì mattina a Bologna. Ne hanno discusso: l’economista Ilario Favaretto; Marco Ricci direttore di Istat regionale; Guido Caselli direttore ufficio studi di Unioncamere Emilia Romagna; Gian Carlo Muzzareli, assessore alle attività produttive generale attività produttive della Regione Emilia-Romagna; Vincenzo Freni dell’Istituto di ricerche Freni Marketing di Firenze e Gabriele Morelli segretario regionale CNA.

TrendER rileva come nel secondo semestre 2011 si sia del tutto interrotta la breve fase di ripresa avviatasi timidamente a inizio 2010, ma già in rallentamento nei primi sei mesi 2011. C’è un calo tendenziale del fatturato complessivo (-3,2%), trascinato dal ridimensionamento della componente interna della domanda (- 3,5%) , in particolare, dal ridimensionamento del fatturato conto terzi  (-4%). Il fatturato estero prende invece a crescere decisamente (+ 19,4%), ma il suo ridotto peso sul fatturato complessivo, compensa solo in minima parte il calo della domanda interna. Non bene anche gli investimenti. Ad un lieve aumento degli investimenti in immobilizzazioni materiali (+2,4%) fa da contraltare un deciso calo degli investimenti in macchinari e impianti (-7%). Il livello complessivo degli investimenti resta comunque inferiore del 18% e quello della fase precedente la crisi (2008).

Sul piano delle spese, andamento diversificato che evidenzia la fase negativa. Continuano a crescere a ritmo notevole le spese per consumi (+7,2%) mentre riprende a calare la spesa per retribuzioni (-4,7%) a conferma di una flessione dell’occupazione.

Dinamiche settoriali: per le costruzioni è sempre più crisi - Relativamente all’andamento per macrosettori e settori, si aggrava la recessione nelle costruzioni dove il fatturato registra a fine anno un -10,5%. Dopo due semestri consecutivi di crescita, la dinamica tendenziale del fatturato, riprende a calare nei servizi (-1,1%). Solo il manifatturiero prosegue anche nella seconda parte del 2011 il processo di ripresa del fatturato ma a ritmo progressivamente meno elevato (la variazione tendenziale passa infatti dal +10,8% del primo semestre al +3,2 nel secondo).  Tra le attività manifatturiere, in diminuzione il sistema moda (-2,8%). Anche nei servizi, l’andamento del fatturato è in calo, e in particolare per le riparazioni veicoli (-3,3%). In sostanziale stagnazione anche i trasporti che segnano un -0,3%.

Dinamiche territoriali: fatturato in forte calo a Forlì-Cesena e Rimini. In crescita a Parma - Così come per i settori, anche a livello territoriale, le dinamiche del secondo semestre sono particolarmente differenziate. Sul fatturato Rimini e Forlì-Cesena, segnano i valori peggiori registrando una diminuzione in termini tendenziali del 12%. Male anche gli investimenti che calano ulteriormente a Forlì-Cesena (-18,4% rispetto allo stesso semestre 2010) e si ridimensionano fortemente a Rimini (-30,9% rispetto allo stesso semestre 2010). A Parma il fatturato cresce del 6,7%; a Piacenza e Reggio Emilia poco meno del 3% e a Ferrara del +1,9%.

In calo invece a Modena e Ravenna (-2,3%) e Bologna (-7,9%). Per alcune province dati positivi vengono dall’andamento degli investimenti. A Bologna si dimostrano in ripresa (+22,3% nel secondo semestre 2011 rispetto al primo) così come a Modena (+19%) e rafforzano la propria crescita a Ravenna (+26,5%) e soprattutto a  Ferrara (da + 14,9% nei primi sei mesi a +43,8% nella seconda parte del 2011). A Parma si arresta il ridimensionamento avviatosi nel 2010. Investimenti in forte calo invece a Reggio Emilia (-32,9%) dove si accentua la caduta. In tutte le province, infine, si registra una frenata se non un  calo tendenziale delle spese per retribuzioni che conferma la portata della nuova fase di crisi. Unica eccezione Ravenna che segna un +6,3.

“Così non si cresce: troppe tasse, poco lavoro, scarsa liquidità.  Se non si rimette in moto l’economia, se il denaro non torna a circolare, se le imprese non vengono messe nelle condizioni di ricominciare ad assumere e investire, i sacrifici fatti  e quelli che ci aspettano, non serviranno a niente”. E’ questo lo stato d’animo che prevale tra i piccoli e medi imprenditori dell’Emilia Romagna. Lo attesta un sondaggio effettuato su di un campione di Pmi associate a CNA effettuato dall’Istituto Freni Ricerche e Marketing di Firenze alla fine del mese di aprile.  Per ripartire occorre lavorare per lo sviluppo e dare ossigeno alle imprese. Ma 2 imprenditori su 3 non vedono  una via d’uscita prima del 2013-2014. E i motivi ci sono tutti: nessun segnale di ripresa dell’attività per oltre il 65% degli intervistati, il calo pesante dei consumi (73%), la scarsità di liquidità e l’entità dei crediti non riscossi (77%). Pressoché azzerate le prospettive di ripresa e le attese sono tutte di segno negativo. In questo clima come viene valutata l’azione del Governo Monti? Il voto che dopo cinque mesi dall’insediamento, gli imprenditori danno all’Esecutivo dei tecnici, supera la sufficienza per il 51,2%: i risultati finora raggiunti vengono giudicati molto positivi solo dal 2,6%; abbastanza positivi dal 21,4%; così così dal 28,2%, poco positivi dal 24,8%, per niente positivi dal 17,1%. Un giudizio che poi si articola su vari aspetti. Sicuramente molto buoni, vengono giudicati i risultati ottenuti sul piano internazionale, verso i mercati e gli altri Paesi dell’Unione Europea.

Lo pensa il 91%: “il precedente Governo ha lasciato una situazione drammatica. Eravamo sull’orlo del baratro, Monti ha lavorato bene ed ha migliorato la credibilità dell’Italia”. Tra i più soddisfatti, gli imprenditori riminesi (75%), ravennati (66%) e modenesi (62%). Un po’ più tiepidi ferraresi (45,5%), reggiani (44%) e parmensi (41,6%); decisamente freddi gli imprenditori di Forlì-Cesena (33,4%). Anche sulle privatizzazioni c’è consenso, ma non mancano riserve e prese di distanza sulla riduzione della spesa pubblica, ritenuta fino ad oggi insufficiente “ per contenere il debito pubblico bisogna con coraggio eliminare gli sprechi, non solo fare proclami”. “Servono decisioni immediate per il dimezzamento di parlamentari e consiglieri regionali e la riduzione se non eliminazione di Province e Comunità montane”. Accanto all’insoddisfazione per i mancati tagli ai costi della politica, una certa delusione emerge anche sulle liberalizzazioni, inferiori alle aspettative: “il Governo ha frenato molto, subendo i condizionamenti di categorie e professioni”.

Ma è sui provvedimenti assunti per far ripartire l’economia che il malumore si fa più evidente. A partire dall’aumento dell’Iva, che ha ulteriormente indebolito i consumi, all’imposizione fiscale ritenuta ormai insopportabile. Anche alcuni provvedimenti assunti per sostenere l’occupazione, come la riforma del mercato del lavoro, suscitano forti perplessità in quanto rischiano di determinare un aggravio ulteriore dei costi anziché favorire la flessibilità in entrata. “Si è fatto poco per favorire nuove assunzioni e si è parlato troppo di articolo 18, che per il 95% delle imprese di questo Paese, che hanno meno di 15 addetti, non rappresentava certo il problema maggiore”. Quanto sinora fatto sul piano economico, viene sostanzialmente ritenuto poco efficace ai fini della crescita, non in grado di portare il Paese fuori dalla crisi: “Abbiamo preso solo una boccata d’ossigeno, ma non si può continuare a subire un salasso continuo”. Inoltre, molti imprenditori ritengono che le misure del Governo si siano troppo concentrate sui piccoli, penalizzando così le fasce sociali più deboli. Lo pensa l’82% degli intervistati. Altro elemento di grande preoccupazione è quello finanziario. La percezione di forti restrizioni nell’accesso al credito è elevata: l’80% degli intervistati ha avvertito un giro di vite nell’atteggiamento delle banche verso le imprese. “C’è poco denaro e costa troppo”.

Dunque l’emergenza è reale.  Lo sottolinea Gabriele Morelli, segretario CNA Emilia Romagna. “E’ in atto una nuova fase recessiva i cui effetti sono visibili a partire dal ridimensionamento del tessuto delle imprese. Tra il 2010 e il 2011, la nostra regione perde 134 imprese, per non parlare dei posti di lavoro. Le nostre imprese ce la stanno mettendo tutta ma sono consapevoli che se non ripartono investimenti e lavoro, da sole non possono farcela. Come CNA ci stiamo impegnando fortemente sul fronte del credito che resta l’elemento di maggiore criticità. Per questo motivo abbiamo messo al primo posto tra le richieste avanzate alla Regione, interventi per affrontare la crisi di liquidità delle imprese. Inoltre, abbiamo sottoscritto con i più importanti istituti di credito in Emilia Romagna, una convenzione che, per i nostri associati, mantiene i tassi sul credito a breve, estremamente contenuti. A livello nazionale poi, a febbraio, abbiamo ottenuto l’approvazione di una nuova moratoria per i crediti. Al Governo chiediamo di mettere in campo misure efficaci per lo sviluppo, coniugando al rigore fin qui espresso, equità e sviluppo. E di farlo in fretta. Le piccole imprese sono allo stremo; non possiamo lasciarle sole. Se vogliamo dare un futuro al Paese, non possiamo permettercelo”.

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