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Economia

Rallenta l'economia riminese. E il peggio deve ancora arrivare

"I dati - spiega Maurizio Focchi Presidente di Confindustria Rimini - confermano lo scenario anticipato nella precedente rilevazione. Le prospettive globali sono ancora incerte"

La situazione dell’economia riminese resta critica e problematica. L’Indagine Congiunturale sulla situazione economica della provincia di Rimini effettuata dall’Ufficio Economico di Confindustria Rimini e relativa ai dati consuntivi del secondo semestre 2011 e previsioni primi sei mesi del 2012, rivela che i dati non sono positivi e che le previsioni confermano l’ingresso in recessione.

Una condizione che si spera possa essere superata se, come anticipano importanti Centri Studi italiani ed esteri, dalla seconda metà del 2012 si manifesterà un’inversione di tendenza. “I dati – spiega Maurizio Focchi Presidente di Confindustria Rimini – confermano lo scenario anticipato nella precedente rilevazione. Le prospettive globali sono ancora incerte e molto differenziate, soprattutto nell’Eurozona dove rimangono ampi divari nelle dinamiche. In Italia in particolare il fenomeno del credit crunch che si è accentuato dall’autunno del 2011, rimane uno dei principali fattori di freno per le imprese, penalizzandone la competitività rispetto ai concorrenti internazionali. Nello specifico, nella Provincia di Rimini, come emerge dai dati Banca d’Italia, gli impieghi alle imprese private a dicembre 2011 rispetto a gennaio 2011 si sono ridotti di circa 227 milioni di euro. Anche il nostro Consorzio di Garanzia Fidi, Confidi Romagna e Ferrara, conferma tale difficoltà nell’accesso al credito Un quadro reso ancora più grave dall’allungamento dei tempi di pagamento sia del settore pubblico sia tra privati. Nonostante tutto ciò ritengo che gli imprenditori riminesi faranno la loro parte e sapranno superare questo difficile momento”.

SITUAZIONE SECONDO SEMESTRE 2011 - L’indagine di Confindustria Rimini, evidenzia in particolare che le piccole e le medie imprese hanno già ridotto la produzione (rispettivamente per -1,80% e -2,80%.) e il fatturato interno è nel suo complesso negativo. Va interpretato con particolare attenzione il dato riferito alle grandi aziende (con una produzione in aumento dell’11,60%) perché riferisce, infatti, solo a 4 imprese che negli anni precedenti hanno già visto drastici cali nei volumi.

Di conseguenza il recupero non va assolutamente a compensare le quote perse. Anche il dato relativo al fatturato va analizzato con cautela: il dato complessivo segna un +8,40%, le piccole (+3,80%) e soprattutto le medie imprese (+0,30%) mostrano aumenti più contenuti. Prendendo ad esempio le medie imprese, se si depurasse il dato di un’azienda che ha raddoppiato il fatturato nel secondo semestre 2011 rispetto al secondo semestre 2010 (dopo averlo però notevolmente diminuito precedentemente), il valore sarebbe negativo (- 6,60%). Non va dimenticato inoltre che si tratta di valori nominali, che non tengono conto del fenomeno inflattivo che nell’ultimo periodo in Italia è aumentato sensibilmente.

Il valore del fatturato delle grandi imprese (considerando quanto detto sopra per tale categoria di imprese) segna un +15,10% rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente. Depurando i dati dalle grandi imprese e da quella media di cui sopra, il dato di fatturato è negativo (- 4,1%). In ogni caso, anche non depurando il dato come sopra specificato, il fatturato interno è comunque negativo (- 4,9%), mentre aumenta considerevolmente quello estero (+27,40%). Tale situazione trova conferma nelle elaborazioni del Centro Studi Confindustria che evidenzia come la spesa domestica, specie quella in consumi, è in calo, influenzata sia dal deterioramento occupazionale sia dalla bassa fiducia delle famiglie.

Il grado di internazionalizzazione delle imprese, inteso come percentuale di fatturato estero sul totale, si attesta in media al 57,30% con una percentuale del 71,50% nelle aziende con più di 250 dipendenti, del 39,70% nelle aziende comprese fra 50 e 250 addetti e del 17,00% nelle aziende con meno di 50 dipendenti.

Occupazione: nel secondo semestre 2011 è diminuita dello 0,70%. Nelle piccole imprese il calo è stato dello 0,70%, nelle medie dell’1,40%, mentre nelle grandi è aumentata del 2,00%.

Ordini: solo il 17,50% delle imprese ha segnato un aumento, il 45% stazionarietà e ben il 37,50% li ha visti in diminuzione. Gli ordini esteri segnano una percentuale di imprese che li hanno avuti in aumento del 22,92%, una percentuale del 56,25% che li ha visti stazionari e una percentuale del 20,83% in diminuzione.

Giacenze: in aumento per il 20,55% del campione, stabili per il 64,38% e in diminuzione nel 15,07% dei casi.

Costo delle materie prime: in aumento per il 65,79% delle imprese, stazionario per il 27,63% e in diminuzione per il 6,58%. Per quel che riguarda la difficoltà nel reperimento del personale solo l’11,25% delle aziende la considera elevata o molto elevata, mentre per il 35% non si presenta nessuna difficoltà.

Analizzando i singoli settori merceologici vediamo come ci siano alcuni settori (metalmeccanico e abbigliamento) in parziale recupero per quel che riguarda produzione e fatturato, con ordini acquisiti però che anticipano la situazione di deterioramento della situazione.
Settore metalmeccanico: aumento della produzione per il 7,5% e del fatturato del 14,4% (quello interno diminuisce del 12,1%). L’occupazione è in calo del 2,1%. Ordini
Settore legno: produzione -4% e fatturato -8,2%, occupazione - 3,3%.
Settore agroalimentare: produzione + 10,4% e il fatturato + 14,4%, occupazione +2%.
Abbigliamento: produzione +14,6%, fatturato +15%. Occupazione - 0,4%.
Settore materiali per costruzioni: produzionel -1,9%. fatturato -9,7%. Occupazione è -6%.
Settore chimico: produzione -10,7%, fatturato -2%.
Comparto editoria, grafici e stampa: produzione - 9,6%, fatturato -11,2%.
Settore dei servizi: fatturato +10,6%, occupazione +4,3%.

Nel caso degli ordini, solo il 12,50% del campione li ha visti in aumento nel settore metalmeccanico, mentre nel settore legno nessuno li ha visti in aumento, il 37,50% stazionari e ben il 62,50% in diminuzione. Anche nel settore materiali per costruzioni nessuna impresa ha avuto ordini in aumento e il 50% li ha visti in diminuzione. Per il settore chimico il 100% ha visto gli ordini in diminuzione. L’abbigliamento registra ordini in aumento nel 50% dei casi e in diminuzione nel 25%. Il settore agroalimentare li ha visti stazionari nel 50% del campione e in aumento nel 33,33%. Le giacenze sono per lo più stazionarie e i costi delle materie prime sono generalmente aumentati in tutti i settori con quasi nessuno che li ha visti in diminuzione (solo il 12,50% nel settore metalmeccanico).

Confronto con semestri precedenti - Rispetto all’anno 2010 e al primo semestre 2011, durante i quali si è assistito ad un generale, anche se parziale recupero dei dati di produzione e fatturato, il secondo semestre 2011 ha evidenziato in molti casi una frenata e una riduzione di fatturato e produzione soprattutto nelle piccole e medie imprese e in particolare nella componente interna del mercato. E’ negli ordini che la situazione a manifestare la sua gravità: dimezzano le imprese che hanno visto gli ordini in aumento e aumentano sensibilmente le imprese che hanno avuto ordini in diminuzione soprattutto per il contesto nazionale. Persiste la difficoltà per quel che riguarda il dato relativo all’occupazione.

PREVISIONI PRIMO SEMESTRE 2012 - Le previsioni, relative al primo semestre 2012, scontano l’attuale difficile scenario economico, con aspettative addirittura peggiori di quanto lo fossero nel secondo semestre 2009 che si è rivelato il semestre peggiore dall’inizio della crisi. L’andamento della produzione, infatti, viene annunciata in aumento solo dal 15% delle imprese campione, il 52,50% prevede una situazione di stazionarietà e il 32,50% prevede una diminuzione. Il dato più polarizzato è quello delle grandi imprese che per il 50% prevedono la produzione in aumento e per il 50% la prevedono in diminuzione. Le medie imprese prevedono la produzione in aumento nel 20% dei casi e stazionaria nel 55%. Le piccole imprese sono in linea con il dato generale (13,64% aumento, 50% stazionarietà, 36,36% diminuzione).

Ordini - Solo il 19,23% degli imprenditori prevede una crescita, il 38,46% stazionarietà e il 42,31% una diminuzione. A livello dimensionale l’unico dato confortante si ha nelle grandi imprese che non prevedono ordini esteri in diminuzione, confermando che il problema maggiore si ha nella domanda interna. Giacenze il 66,67% le prevede stazionarie, il 12,82% in aumento e il 20,51% in diminuzione.  Occupazione le previsioni sono stazionarie per il 70,24% delle imprese, in aumento per il 9,52% e in calo per il 20,24%. Per quel che riguarda il ricorso alla cassa integrazione per il 32,18% del campione è da escludersi (era il 54,95% nella precedente rilevazione) e il 19,54% lo considera poco probabile. Il 26,44% lo considera probabile ma limitato e il 17,24% probabile e consistente.

Singoli settori merceologici - Metalmeccanico prevede una diminuzione della produzione nel 30,30% del campione, stazionarietà nel 54,55% e un aumento nel 12,50%. Gli ordini sono in calo per il 32,26% delle imprese e in aumento per il 19,35% (per il 30% quelli esteri) e l’occupazione stazionaria nell’81,82% dei casi e in calo nel 15,15%. Industria del legno: continua il trend negativo. Il 50% del campione prevede una diminuzione della produzione, il 37,50% la prevede stazionaria e il 12,50% in aumento. Gli ordini totali vengono previsti in calo nel 75% dei casi, stazionari nel 12,50% e in aumento nel restante 12,50%. Il dato dell’occupazione è stazionario nel 50% dei casi e in diminuzione nell’altro 50%. Abbigliamento la situazione è migliore, con produzione in aumento per il 33,33% e stazionaria per l’altro 66,67% (nessuno la prevede in diminuzione). Gli ordini sono previsti in aumento per il 25% del campione (stessa percentuale però li prevede in calo) e stazionari per il 50%, mentre l’occupazione stazionaria nel 75% dei casi e in aumento nel 25%.

L’agroalimentare prospetta una situazione analoga per produzione e ordini: aumento nel 16,67% dei casi, stazionaria nel 50% e in calo nel 33,33% (nessuno però vede gli ordini esteri in diminuzione). L’occupazione è prevista stazionaria nel 60% dei casi e il restante 40% diviso equamente fra chi la vede in aumento e chi in diminuzione. Grafici ed editoria: nessuna impresa prevede produzione e ordini in aumento, con cali previsti rispettivamente nel 66,67% e nel 75% del campione. L’occupazione stabile per il 50% e in calo per l’altro 50%. Il comparto chimico prevede, in tutto il campione, produzione e ordini stazionari e occupazione in calo. Il settore materiali per costruzioni non prevede aumenti per produzione e ordini che saranno in calo per rispettivamente per il 60% e per l’83,33% del campione. L’occupazione è stazionaria per l’83,33% del campione e in calo per il 16,67%. Il settore servizi ha una previsione di ordini in aumento nel 23,08% del campione, stazionari nel 38,46% e in diminuzione nel 38,46% e prevede l’occupazione stazionaria nel 61,11% dei casi, in aumento nel 27,78% e in calo nell’11,11%.

Confronto con semestri precedenti - Come anticipato, nei dati previsionali emergono parecchi segnali di preoccupazione. Più che dimezzata rispetto ad un anno fa la percentuale di chi prevede la produzione in aumento (15% rispetto al 37,50%) e triplica quella di chi la prevede in diminuzione (32,50% contro un 11,11% di un anno fa). Considerazioni analoghe per gli ordini totali, con aziende che li vedono in aumento nel 19,23% dei casi (erano il 35,62% un anno fa) e in diminuzione nel 42,31% (10,96% un anno fa). Per gli ordini esteri il trend è il medesimo anche se meno virulento in chi si aspetta un calo. Anche il dato previsionale relativo all’occupazione registra un peggioramento rispetto alle precedenti rilevazioni (chi la prevede in aumento è il 9,52% rispetto al 12,36% del semestre precedente e all’11,84% di un anno fa e chi pensa che l’occupazione diminuirà è il 20,24% contro un 11,24% della precedente rilevazione e un 9,21% di un anno fa). Sulle giacenze l’unica variazione degna di nota è quella relativa al dato di un anno fa, rispetto al quale la percentuale di chi stima le giacenze in calo quasi raddoppia (20,51% rispetto all’11,59%: rallentando la produzione si andranno a svuotare i magazzini.

 

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