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Spiagge, i balneari: "Nessuna vendita, siamo stati criminalizzati"

"Sono stati puntualmente e giustamente sdemanializzati e ceduti, a titolo gratuito, agli Enti pubblici (da ultimo, qualche settimana fa, al Comune di Rimini)

Nella giornata in cui è tramontata definitivamente l'ipotesi, balenata nella “gestazione” della Legge di Stabilità, di “vendita delle spiagge”, con il ritiro della proposta di emendamento del Pd, ecco il punto di vista all'unisono dei balneari. A parlare sono le associazioni rappresentative della totalità degli imprenditori balneari: Fiba-Confesercenti, Sib-Confcommercio, Cna-Balneatori, Oasi-Confartigianato e Assobalneari-Confindustria.

"Siamo stati criminalizzati". Spiega una nota congiunta: “Purtroppo dobbiamo registrare che questi emendamenti sono stati oggetto, tranne poche e lodevoli eccezioni, di un vero e proprio festival di dichiarazioni allarmistiche e di banalizzazioni tanto ironiche quanto superficiali che rischia di impedire di comprendere il senso e la portata degli stessi oltre che di criminalizzare un comparto economico cruciale per il sistema turistico dell’intero Paese. Si è gridato alla “vendita delle spiagge” quando non verrebbe in alcun modo toccato ciò che riveste ancora i caratteri della demanialità e nel mentre è stabilito il prezzo di mercato per la cessione di quelle limitate porzioni di aree che, al contrario, hanno perso definitivamente la destinazione ai pubblici usi del mare”.

E ancora: “Si è urlato di una lesione dell’ambiente nel mentre la disciplina ambientale del litorali è minuziosamente disciplinata da leggi, regolamenti e innumerevoli strumenti di pianificazione demaniale, ambientale e urbanistico dalle Regioni agli enti locali, oltre che al parere vincolante delle Sovrintendenze, alla quale tutti, sia i titolari attuali che eventualmente i proprietari futuri, si attengono o dovranno attenersi. Nello stigmatizzare le evidenti strumentali forzature e gli attacchi tanto grossolani quanto calunniosi di qualche esponente politico alla disperata ricerca di una visibilità e di un ruolo parlamentare magari perso, riteniamo meritevoli di considerazione le legittime preoccupazioni, in buona fede, sulla portata e gli effetti di questi emendamenti”.

Ecco cosa dicevano gli emendamenti.  “In via preliminare si rileva che l’oggetto della ipotizzata vendita non sono né le spiagge, né il demanio marittimo ma solo quelle aree che, formalmente ancora classificate tali, non rivestono più i caratteri della demanialità per la irreversibile loro trasformazione a seguito delle opere che siano state regolarmente assentite dalla Pubblica amministrazione (è, infatti, ben acrobatico e surreale riconoscere la permanenza della destinazione a un “pubblico uso del mare”, ad esempio, di un ristorante realizzato oltre un secolo fa su quello che era allora demanio e che formalmente e anacronisticamente continua ad essere qualificato tale ancora oggi). Il provvedimento di sclassifica del demanio marittimo è, del resto, già previsto dal nostro codice della navigazione . Ciò è avvenuto da decenni e senza scandalo alcuno in centinaia di casi e ogni qualvolta si è in presenza di un allontanamento del mare e conseguente costruzione, sui cd relitti del mare, di interi quartieri cittadini o di infrastrutture (strade, piazze, lungomari, ecc.) puntualmente e giustamente sdemanializzati e ceduti, a titolo gratuito, agli Enti pubblici (da ultimo, qualche settimana fa, al Comune di Rimini) o a titolo oneroso ( addirittura qualche isola) , ai privati”.

“Chiediamo, comunque, che queste proposte, come eventualmente altre, siano serenamente esaminate e discusse senza falsi quanto infondati preconcetti e senza offensive banalizzazioni perché le 30.000 imprese italiane che rappresentiamo meritano soprattutto rispetto e considerazione e non la presa di posizione pregiudiziale, magari di chi continua ad opporsi a qualsiasi iniziativa che riguardi questo settore, con argomentazioni fragili e inconsistenti, in alcuni casi palesemente strumentali e false, arrivando persino a infangare e demonizzare 30.000 famiglie e aziende a conduzione familiare disonorandole quale potente “lobby”, nel mentre le stesse ben meriterebbero di essere difese, elogiate e sostenute quale peculiarità italiana che costituisce un fattore di successo e di competitività del turismo nazionale”.

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