In mostra “Gli amori in gioco” del pittore del Seicento Guido Reni
Terzo e ultimo capitolo della prima serie di Unicum/ Racconti al Museo, il progetto curato da Massimo Pulini per il Museo della Città di Rimini che da maggio ha proposto al pubblico del Museo della città un inedito percorso nell’arte antica, attraverso tre gioielli di altrettanti Maestri del Seicento. Da venerdì 10 settembre (ore 18) al 31 ottobre, lo spazio della Manica Lunga si prepara ad accogliere la gemma più preziosa del ciclo di mostre, il Gli Amori in gioco realizzato da Guido Reni (Bologna 1575-1642), principe della pittura italiana del Seicento.
Con l’individuazione degli Amori in gioco del giovane Guido Reni, dovuta a Massimo Pulini, è possibile comprendere che agli esordi del XVII secolo il grande pittore bolognese aveva gettato le premesse di un genere, quello dei giardini d’Arcadia, che i manuali di storia a metà del secondo decennio e riferiscono a Francesco Albani (Bologna 1578-1660). L’opera ha trovato conferma documentaria negli inventari secenteschi della collezione romana del Cardinale Odoardo Farnese, componente di una delle famiglie più illustri, strettamente legata alle maggiori figure artistiche tra Cinque e Seicento.
Gli Amori in gioco sono una sottile e raffinatissima elegia che parla allo stesso tempo di Natura e di Mito, ma attraverso una costellazione di scherzi, affettuosità e bisticci tra le presenze infantili dell’Olimpo il quadro allestisce una sottile metafora sull’Amore giovanile. Gli unici due adulti di questo algido Paradiso terrestre quasi non si vedono, nascosto nelle frasche si scorge un fauno che cerca di incantare una ninfa con la musica. Gli amanti maturi non vengono visti dagli Amori nuovi, questa forse è la sottile metafora di un dipinto che le fonti ci ricordano come copertura allegorica di un ritratto di dama della famiglia Farnese.