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Cronaca

Cannabis terapeutica, "Benvenuta Emilia-Romagna. Ma servono tempi certi"

La legge, passata a maggioranza, agevola l'acquisizione della cannabis terapeutica, imputandone i costi al sistema sanitario regionale

La liberalizzazione dei farmaci a base di cannabinoidi in Emilia Romagna rappresenta "un passo avanti verso il compimento del sistema di cure a favore delle persone con dolore cronico", auspicando che "le dimissioni di Vasco Errani non rallentino l’applicazione”. Questo il commento del professor William Raffaeli, tra i padri della terapia del dolore in Italia e presidente della Fondazione ISAL, l’istituto di ricerca e formazione in scienze algologiche da lui fondato nel 1993.

La legge, passata a maggioranza, agevola l’acquisizione della cannabis terapeutica, imputandone i costi al sistema sanitario regionale. “I cannabinoidi possono dare beneficio alle persone con dolore cronico di tipo centrale, cioè quel dolore dovuto a traumi o lesioni del sistema nervoso, per cui al momento non esistono altre terapie farmacologiche” spiega il professor Raffaeli.

L’Emilia-Romagna è la dodicesima Regione in Italia ad aver legiferato in materia di cannabis terapeutica. “Si è dato finalmente ragione a quello che da anni chiedevano i pazienti emiliano-romagnoli, fino a oggi costretti a cercare i farmaci a base di cannabinoidi in altre regioni, e nelle Marche in particolare, se non a rivolgersi al mercato illegale”.

La somministrazione dei farmaci, secondo Raffaeli, dovrà essere tenuta sotto stretto controllo, per monitorare sia “l’efficacia del trattamento per le varie patologie e quindi per ricalibrare le modalità di selezione e di accesso” sia “l’eventuale insorgere di effetti a lungo periodo sulle funzioni cerebrali” conclude Raffaeli.

Positiva anche la reazione da parte di chi è colpito in prima persona dal dolore cronico. “Questa legge può migliorare la qualità della vita” dice Giulia Roccanova, coordinatrice di “Vita indolore”, gruppo di pazienti attivato dalla Fondazione ISAL. “La cannabis poteva già essere prescritta, ma era a carico del paziente, con costi molto alti, sui seicento euro mensili, ora può diventare accessibile a molte più persone che non rispondono alle cure tradizionali”.

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