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Cronaca

La tratta dei clandestini dietro il ritrovamento del cadavere mummificato

Il Dna ha permesso di dare un nome ai poveri resti ritrovati in un fosso di San Giovanni in Marignano lo scorso settembre

Si chiamava Hussain Maalik, aveva 26 anni e veniva dal Pakistan. Ha finalmente un nome il cadavere mummificato ritrovato, lo scorso 7 settembre, in un fossato a San Giovanni in Marignano. A dare la certezza sulla sua identità è stato il test del Dna dopo che, in seguito al suo ritrovamento, dagli inquirenti si era presentato il padre dello straniero sostenendo che si trattava del figlio. Se sul fronte dell'identificazione non ci sono più dubbi, resta il mistero su come il giovane sia arrivato fino a quella strada di campagna dove, ad almeno due settimane dal decesso, è stato ritrovato. Secondo il racconto del padre, che aveva riconosciuo il cadavere da una collanina d'argento, il 26enne dalla Grecia aveva cercato di raggiungere l'Italia in cerca di un lavoro. Avrebbe dovuto raggiungere dei connazionali che si trovavano tra la Romagna e l'Emilia ma qualcosa durante il tragitto è andato storto

Il giallo del cadavere di Montalbano

L'ipotesi più accreditata è che Maalik sia finito nel giro della tratta dei clandestini che, nascosti nelle intercapedini dei camion, cercano di raggiungere l'Europa. I risultati dell'autopsia, a caua delle pietose condizioni del corpo, non sono stati in grado di fornire una causa del decesso. Nonostante il cellulare del pakistano non sia stato mai trovato le ultime tracce, prima del suo ritrovamento, risalgono a una telefonata fatta dal giovane mentre si trovava a Brindisi e poi il nulla. E' probabile, quindi, che il camionista che lo trasportava clandestinamente quando si è accorto che il 26enne era deceduto si sia sbarazzato del corpo gettandolo lungo la strada.

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