"Turpi, brutali e ripetuti atti di violenza" ma i minorenni cercano di scaricarsi la colpa
Interrogati per tutta la notte, due dei tre fermati rigettano le accuse di aver stuprato le loro vittime
"Turpi, brutali e ripetuti atti di violenza": sono queste le parole utilizzate dal pm Silvia Marzocchi, procuratore per i minorenni di Bologna, nel decreto di fermo per i tre giovani stranieri accusati dei due stupri avvenuto sul litorale di Rimini. Gli interrogatori dei due fratelli marocchini e del 16enne nigeriano sono andati avanti fino alle due della scorsa notte. Intando due dei tre minori arrestati a Rimini hanno negato durante gli interrogatori di aver avuto rapporti sessuali con le vittime, ammettendo però di aver aiutato il resto del 'branco' tenendo ferma una delle vittime e durante il pestaggio del compagno. Saranno le comparazioni con le tracce di Dna, che gli inquirenti della Scientifica hanno repertato sulle vittime, a chiarire questo aspetto.
Al momento, comunque, nessuno dei quattro arrestati è stato messo a confronto con la 26enne polacca e col 42enne transessuale peruviano e, quindi, non ci sono stati atti formali di riconoscimento. I pubblici ministeri, quello della Procura di Rimini e quello della Procura per i Minori, hanno ritenuto sufficenti gli elementi raccolti dagli inquirenti, le immagini delle telecamere a circuito chiuso, per spiccare i fermi degli indagati. A questo, inoltre, si aggiungono le dichiarazioni fatte dai due fratelli magrebini che, per primi, si sono consegnati ai carabinieri di Vallefoglia ammettendo di far parte del branco di stupratori. I minori, sentiti dagli inquirenti, non avrebbero fatto il nome del complice maggiorenne ma avrebbero comunque fornito una serie di elementi che hanno portato alla sua identificazione