Si alza il sipario sulle paure e le ipocrisie dell’individuo nei “Racconti disumani” di Kafka
Libertà cercate, ipocrisie, gabbie da cui evadere e altre in cui rintanarsi. Giorgio Pasotti, solo sul palcoscenico, e Alessandro Gassmann alla regia, si misurano con due Racconti disumani da Franz Kafka, in scena al Teatro Galli domenica 18 febbraio (ore 21:00).
Lo spettacolo chiude il ciclo che la Stagione Teatrale ha voluto dedicare agli autori del Novecento, attraverso proposte per un pubblico trasversale, ma capaci di essere di interesse e stimolo per il pubblico dei più giovani. Dopo lo spettacolo di Paolo Nori (La libertà. Primo episodio) ispirato a due maestri della letteratura russa (Charms e Brodskij) e l’omaggio a Italo Calvino proposto da Mario Perrotta (Come una specie di vertigine), si approda quindi a Kafka e a due dei suoi racconti più grotteschi - Una relazione per un’Accademia e La tana - solo in apparenza semplici storie di animali, in realtà spaccati sulla società umana. Se infatti il primo mette a nudo la superficialità di un modo di essere attraverso comportamenti stereotipati e facili, La tana racconta quel bisogno di costruirsi il riparo perfetto che ci metta al sicuro da ogni esterno.
Torna quindi il tema cardine che accomuna i tre spettacoli di questo percorso nel Novecento: la libertà. La libertà negata che spinge ad adattarsi per sopravvivere e la libertà a cui, volontariamente o no, l’individuo rinuncia.
Una relazione per un’Accademia, pubblicato la prima volta nel 1917, ha come protagonista una scimmia e il racconto di come, in cinque anni, si sia adeguata al sistema umano per uscire dalla gabbia nella quale è stata rinchiusa dopo la cattura e guadagnare così un fac-simile di libertà. La narrazione in prima persona, divertita e distaccata, ripercorre lo studio delle abitudini degli uomini che con sorprendente facilità possono essere imitate e replicate.
La tana, uno degli ultimi racconti di Kafka, scritto durante la sua permanenza a Berlino nel 1923 e pubblicato postumo e incompiuto nel 1931, racconta del continuo e disperato sforzo intrapreso dal protagonista, per metà roditore e per metà architetto, di edificare un’abitazione perfetta: un elaborato sistema di cunicoli realizzati nel corso di un’intera vita, per potersi proteggere da nemici invisibili. E, nel tentativo di lasciare tutto fuori, costruisce passaggi e corridoi, e nuovi tunnel che portano al niente dei vicoli ciechi, in una ossessiva ricerca della sicurezza che genera solo ansia e terrore.
Racconti dunque di inizi Novecento che un secolo dopo mantengono intatta la loro estrema contemporaneità.