Un classico di Silvio Castiglioni al Teatro della Regina: "Filò, viaggio di Arlecchino all'inferno"
Martedì, alle 21, Silvio Castiglioni presenta un suo classico all’interno della rassegna Snaporaz D’essai: Filò - Viaggio di Arlecchino all'inferno. Alla fisarmonica Beppe Chirico e ai fornelli da Paolo Castiglioni che nel corso dello spettacolo preparerà, a vista, un piatto tipico della tradizione veronese, che gli spettatori consumeranno insieme agli attori. L’ingresso di 15 euro comprende la cena; i posti sono limitati, perciò si consiglia la prenotazione.
Lo spettacolo nasce all’insegna della spensieratezza – il racconto di una conferenza sulla Commedia dell’Arte tenutasi a Buenos Aires, con tanto di maschere, quali un lascivo Pantalone e un rissoso e incontinente Arlecchino – e finisce per toccare la storia recente di un’Italia ferita dalle sciagure provocate dall’uomo (le stragi e gli anni di piombo) e i ricorrenti disastri della natura, come il terremoto del Friuli. Addolcita da motivi musicali della tradizione popolare, e scandita dalla forza tellurica dell’omonimo poema di Andrea Zanzotto, la narrazione dura il tempo di preparazione del risotto col tastasàl, la carne di maiale profumata con aglio, vino, pepe, sale e rosmarino. A cottura ultimata, finisce il filò degli attori e inizia il filò degli spettatori.
Nel Veneto il filò era la veglia dei contadini nelle stalle durante l’inverno. Fatti e sogni, nascite e morti diventavano rapidamente sostanza di racconto nel filò. Il vino, i giochi e le burle non mancavano mai, e la vigilia delle feste prima di andare a dormire compariva qualcosa da mangiare. Orfano del mondo contadino, il nostro filò ruota intorno alla figura di un inquieto cantastorie indotto dalle circostanze a indossare i panni di Arlecchino e di altre maschere della Commedia dell’Arte. Una narrazione trascinante che abbraccia gli ultimi trent’anni del secolo passato collegando una molteplicità di eventi e di luoghi nella fiduciosa ricerca di un disegno: da una remota contrada della campagna veneta, alla Milano dei primi anni settanta, e poi al Friuli del terremoto, per tornare al punto di partenza, un locale alla moda nella Buenos Aires dei giorni nostri, dove avviene un incontro sconvolgente che ci proietta nella stagione delle bombe e degli anni di piombo, passando anche per Siviglia, dove Cervantes iniziò a comporre il suo Don Chisciotte. Fra invenzione e memoria, vicende comuni e momenti personali, si profila il destino di una generazione di sognatori delusi, che lo sguardo sempre presente degli animali – il maiale sacrificato, il vecchio leone nel circo, il mulo assassino, l’oca che non vuol morire – proietta in una dimensione cosmica.