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Economia

Imprese, dopo un 2023 positivo la crescita rallenta. L'anno si apre all'insegna dell'incertezza

Il 2023 caratterizzato dall'alluvione, ma anche da calo di inflazione e costo delle materie prime

Nonostante la produzione di novembre scorso abbia registrato a livello nazionale una forte flessione, le imprese del territorio romagnolo evidenziano un andamento ancora positivo di tutti gli indicatori per il 2023, sebbene con percentuali inferiori rispetto agli ultimi due anni. 

Per l’anno in corso prevale un clima di incertezza, a causa degli scenari internazionali che vedono aprire nuovi fronti di instabilità geopolitiche. 

È quanto emerge dalla rilevazione tra le aziende associate sulle tre province romagnole, effettuata a gennaio dal Centro Studi di Confindustria Romagna, che ha raccolto i dati sulle variazioni nel secondo semestre 2023 rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente, oltre a sondare le aspettative sulla prima metà del 2024. Il campione delle aziende rispondenti rappresenta i comparti di manifattura e servizi, e non comprende il settore edile.

“L’anno da poco concluso è stato segnato dall’alluvione che ha colpito gran parte della Romagna, con impatti diretti e indiretti su numerose imprese associate e sulle loro filiere di riferimento, ma nell’ultimo trimestre ha visto anche segnali positivi, soprattutto nei servizi, grazie al calo dell’inflazione e del costo delle materie prime – spiega il presidente degli industriali romagnoli, Roberto Bozzi - Il 2024 si è aperto però con nuove incognite per i flussi commerciali, dovuti alla forte riduzione dei transiti nel canale di Suez. I prezzi di gas e petrolio non ne hanno risentito finora, ma restano alti e il quadro è in continuo divenire: al momento non registriamo impatti particolari a livello locale ma teniamo monitorati potenziali rischi perché, se la situazione dovesse perdurare, sarebbero inevitabili ricadute sul territorio”. 

I dati in Romagna al 31.12.2023

La produzione nel secondo semestre 2023 rispetto allo stesso semestre 2022 registra un +1,9%, il fatturato un + 4,5% (fatturato interno +4,6% e fatturato estero +3,7%) l’occupazione +4,1%.  Gli ordini sono aumentati per il 46,8% dei rispondenti, stazionari per il 24,8% e in diminuzione per il 28,4%. Meno dinamico l’andamento degli ordini esteri, stazionari per il 60,6%, in aumento per il 25,7% e in diminuzione per il 13,7%.  Migliorano i dati sul costo delle materie prime, rilevato stazionario per il 45% del campione, in aumento per il 33,9% e in diminuzione per il 21,1%.

Le giacenze sono in aumento per 15,6% del campione, stazionarie per il 68,8% e in diminuzione per il 15,6%.
Inoltre, il 76,9% dei rispondenti esclude di ricorrere ad ammortizzatori sociali nei prossimi mesi. Le difficoltà di reperimento del personale rimangono elevate e molto elevate per il 44,4% delle imprese, e solo un’azienda su dieci dichiara di non avere nessuna difficoltà.

Le previsioni per il primo semeste 2024

Le aspettative sulla prima metà dell’anno in corso sono di prudenza, e nella maggior parte del campione interpellato prevale un sentiment di stazionarietà in tutti gli indici economici. L’andamento della produzione viene previsto in aumento dal 33,9% delle imprese, stazionario dal 45% mentre il 21,1% degli imprenditori prevede una diminuzione. 

Il 55% delle aziende si aspetta una stazionarietà negli ordini, il 33,9% un aumento e l’11,1% una diminuzione. Analoghe attese per gli ordini esteri: per il 49,5% saranno stazionari, per il 35,8% in aumento e per il 14,7% in diminuzione.  Per quel che riguarda le giacenze, il 59,6% delle imprese le stima invariate, il 37,6% in aumento ed il 2,8% in diminuzione. Le previsioni sull’occupazione sono stazionarie per il 68,8% del campione, in crescita per il 22% ed in calo per il 9,2%. 

Focus su investimenti e Ict

L’indagine ha approfondito la dinamica degli investimenti effettuati nel 2023: si conferma positiva sia la percentuale degli investimenti sul fatturato (5,2%), sia la variazione percentuale delle spese per investimenti rispetto al 2022 (+18,4%). Gli ambiti di investimento più ricorrenti risultano essere la formazione (24,1%), ICT (23,1%), ricerca e sviluppo (16,7%) e tutela ambientale (12%). Tra i fattori ostativi, le difficoltà amministrative e burocratiche sono le più segnalate (25,9%).

A specifica domanda sulla digitalizzazione, il 73% del campione ha risposto di aver investito in ICT negli ultimi due anni: di questi, il 38% in beni materiali, il 49% in beni immateriali e il 12% in capitale umano.  
In questo segmento, gli investimenti si sono concentrati in cyber security, cloud e software di gestione e pianificazione delle risorse d'impresa.

Il 59% del campione ritiene di avere già le competenze specifiche fra le risorse umane presenti in azienda, il 23% non ha competenze e intende in parte formare il personale interno in parte procedere con nuove assunzioni, mentre il 16% non ha le competenze interne, ma intende formarle. 

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