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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Stop a consumismo e “fast fashion", arriva la sfilata sociale con protagonista la moda vintage

Si stima che in Occidente compriamo abiti per il 400% in più che venti anni fa: in questi venti anni molti indumenti sono diventati sempre più economici e di qualità inferiore

Il consumismo è un fenomeno sempre più diffuso nei paesi maggiormente sviluppati e consiste nel bisogno/desiderio di accaparrarsi sempre nuovi beni e prodotti di consumo. Questa corsa sfrenata agli acquisti è in buona parte causata da continue e pressanti campagne pubblicitarie che tendono a farci apparire indispensabili dei bisogni che magari non sono poi così tanto impellenti, anzi tali bisogni spesso sono fittizi, diventa un rifiuto superato non perché è vecchio o rotto ma solo perché è superato o non più “di moda”. Tutto ciò solo per incrementare la produzione. Tutto ciò comporta tuttavia degli effetti negativi, primo fra tutti l’inquinamento e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali presenti sul pianeta.

Il consumismo rappresenta il principale nemico della tutela ambientale: se si producono sempre nuovi beni, oltre che i costi della produzione e dell’inquinamento derivante dai processi produttivi, bisogna considerare che ciò che si possedeva diventa un surplus, uno scarto. L’industria della moda è una delle tante fonti di inquinamento e molto spesso sottovalutiamo l’incisività in termini di sostenibilità. Si stima che in Occidente compriamo abiti per il 400% in più che venti anni fa: in questi venti anni molti indumenti sono diventati sempre più economici e  di qualità inferiore: le persone quindi sono indotte a comprare sempre più abiti che vengono conservati per un brevissimo periodo. Non a caso,  negli anni ’90 è stato coniato il termine “fast fashion” (moda veloce) che sta a indicare la prassi di produrre vestiti economici in tempi estremamente rapidi e questo ha certamente comportato un aumento delle emissioni di gas serra, produzione di rifiuti e sfruttamento dei lavoratori. La fabbricazione e il trasporto dei capi di abbigliamento si fonda su numerose risorse naturali e umane, che sono per definizione limitate. L’industria della moda è quasi completamente dipendente dall’utilizzo di combustibili fossili e dalla necessaria manodopera. Basti pensare che la produzione di un paio di jeans si estende per 4 continenti e le varie componentistiche con cui viene realizzato un jeans possono viaggiare fino a migliaia di chilometri, con un evidente impatto diretto sull’ambiente. 

Negli ultimi anni si è iniziato a prendere coscienza del problema e a parlare di moda ecosostenibile. Riciclare abiti usati è una tendenza, acquistare usato è ormai una moda e l’uso del vintage uno status symbol, nata non soltanto dalla necessità di risparmiare, ma soprattutto dal desiderio di dare il proprio contributo in un’ottica di ambientale, ma anche per essere ben vestiti, originali e spendendo poco. Si stima, infatti, che ogni anno vengano scartate più di diecimila tonnellate di abiti, un vero spreco, che impatta non soltanto sulle tasche dei consumatori, ma anche sull’ambiente. Uno dei punti chiave della moda ecosostenibile è la scelta delle materie prime da impiegare. Anche nel nostro territorio esistono molte realtà e diversi progetti portati avanti da giovani imprenditori nel riuso delle produzioni di abbigliamento, che puntano sull’ecologia eliminando le sostanze tossiche, sulla riconversione della produzione e recupero di materiale riciclato, spesso valorizzando e aiutando anche il lavoro di persone in difficoltà nel reinserimento nel mondo lavorativo.

Organizzata da Federconsumatori Rimini, Lazzaro, Pacha Mama, Mani tese, Campo Lavoro Missionario, Boutique Solidale, Caritas Rimini. Si terrà venerdì 8 settembre alle ore 18.30 presso il chiostro del Cinema Tiberio, borgo San Giuliano Rimini la Rimini Social Runway una sfilata sociale con live music. Non permettere al marketing e alla pubblicità di farti credere che hai bisogno di tutti quei vestiti facciamo attenzione a ciò e dove compriamo, non gettiamo gli abiti,  tutto può avere una seconda vita. Cerchiamo i negozi dell’usato e del vintage, i punti di raccolta che sono presenti nella città o presso parrocchie o associazioni di beneficenza. Presentano l’iniziativa Graziano Urbinati, Paolo Bianchini, Rita Liguori.

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