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Cronaca

Omicidio Paganelli, il generale Garofano: "Era tutto studiato nei dettagli, cruciali restano le telecamere"

Intervista al generale Luciano Garofano, è ancora caccia dopo 6 mesi al killer di Pierina: "Stupito che non siano ancora stati disposti gli accertamenti irripetibili. Ma sui quattro sospettati si è fatto opinione sul nulla"

“E’ stato un omicidio premeditato nei dettagli, non avvenuto per caso. Da ricondurre a una sfera circoscritta, ma sulle quattro persone sospettate occorre essere solo solidali perché si è fatta opinione sul nulla”. Intervenuto in molte trasmissioni televisive sul caso, è questa l’opinione del generale Luciano Garofano, fino al 2009 a capo dei Ris di Parma (Reparto Investigazioni Scientifiche), intervistato da RiminiToday relativamente all’omicidio in cui ha perso la vita Pierina Paganelli. Sono ormai trascorsi oltre 6 mesi da quel terribile 3 ottobre, quando la 78enne è stata ritrovata cadavere nel seminterrato di via del Ciclamino, nella periferia di Rimini. Da allora nessuna persona è stata iscritta nel registro degli indagati. Il generale Garofano si è occupato di molteplici casi di cronaca nera tra i quali la strage di Erba, il delitto di Garlasco e il caso di Cogne.

Generale Garofano, sono ormai trascorsi oltre sei mesi dall’omicidio della signora Paganelli e ancora non si è giunti a una svolta. Che idea si è fatto?

“In merito alle tempistiche ogni caso è unico nel suo genere, ha le sue criticità, ciò che mi sorprende di questa vicenda è che non sono ancora stati disposti gli accertamenti irripetibili. Quel compendio di reperti e tracce è normalmente un filo conduttore insieme a intercettazioni telefoniche e sistemi di videosorveglianza, aver rinunciato a quegli accertamenti mi pare suggestivo. Certo, capisco che questo obbligherebbe la Procura a indagare ufficialmente delle persone, forse non si vuole compiere questo passo. Quando indaghi fai una scelta investigativa chiara, avendo da sviluppare dei temi la Procura immagino non voglia bruciarsi questo tipo di possibilità. Rimane atipico che il grande lavoro svolto sulla scena del crimine, compreso il sequestro degli abiti, non abbia avuto uno sviluppo”.

A lungo i sospetti si sono concentrati, principalmente, su quattro persone: Manuela, Loris, Louis e Valeria. Si sono sempre dichiarati innocenti, non le sembra che ci sia stato attorno alle loro figure eccessivo clamore mediatico?

“Ci tengo a sottolineare che a lungo l’attenzione si è concentrata su quattro persone sospettate a cui va la massima solidarietà, e che meritano il massimo rispetto, perché sono finite in un tritatutto. E’ emersa l’immagine di una opinione pubblica superficiale, si è fatto opinione sul nulla. Questo va precisato a prescindere anche se in futuro, per qualcuno, dovessero mai emergere delle responsabilità”.

Secondo una indiscrezione che era stata raccolta dalla Rai, il Dna sulla scena del crimine sarebbe sconosciuto. Ma possibile che queste analisi non abbiamo portato ad alcuna svolta?

“Premesso che non conosco gli atti, le ipotesi sono due: o queste analisi non sono state affrontate o è stata fatta una piccola parte che consentiva la ripetibilità, in quanto le tracce limitate richiedono gli accertamenti irripetibili e per fare questo le persone sospettate dovevano essere state iscritte nel registro degli indagati. Le analisi del Dna a quest’ora potrebbero essere disponibili, le tempistiche non sono così lunghe. Le tecniche, una volta raccolte le tracce, oggi sono molto precise: per cui le analisi si possono svolgere anche a distanza di anni”.

La svolta da dove potrebbe arrivare?

“In prima battuta si è sperato molto sulle intercettazioni telefoniche e ambientali, forse si spera molto su quel riconoscimento, in base all’altezza, dalle immagini riprese dalla farmacia. Normalmente confrontiamo i dati tecnici o i risultati delle indagini scientifiche con le dichiarazioni delle persone coinvolte. Analizzare le immagini è significativo: attraverso dettagli che riguardano l’altezza o altri particolari parziali, il colore della pelle, degli abiti, qualcosa che può indicare una svolta rispetto a quelle che sono state tutte le dichiarazioni raccolte”.

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Il fatto di non aver mai ritrovato l’arma del delitto incide?

“Non fa una enorme differenza, un colpo d’arma da fuoco può avere un suo peso, un oggetto da taglio invece non incide in maniera importante sull’indagine. Certo se trovo l’arma sulla scena del crimine allora può semplificare l’indagine”.

Secondo lei tutto, quella notte, era stato premeditato e immaginato nei dettagli?

“Indubbiamente la modalità di aggressione, la scelta della tempistica e del luogo, fanno propendere a un omicidio preparato, che non è di impeto, non avvenuto per caso. Io propenderei che qualcosa sia avvenuto nell’ambito di conoscenze o di quel largo condominio, per motivi che non conosciamo. E’ certo che i movimenti della signora Pierina erano stati studiati, ma oltre a questo non possiamo andare”.

Secondo la sua esperienza ci possono essere dei legami tra l’omicidio di Pierina e l’incidente stradale che ha coinvolto il figlio?

“Mi sembrano eventi, e persone, così distanti, non ravviso dei legami. Non mi sembra nemmeno che gli inquirenti abbiano mai ipotizzato un legame di qualsiasi genere tra i due casi. L’evento che ha riguardato il figlio della signora Pierina è veramente un investimento voluto, oppure è un banale, seppur doloroso e grave, casuale incidente? Magari dovuto a una svista di un automobilista distratto da un telefonino? Non mi pare siano mai emerse nemmeno richieste estorsive o minacce con coinvolte le due vittime. Quale sarebbe stato il movente per uccidere il figlio e poi la madre? Oggi questo sarebbe già emerso. Sono indagini separate”.

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