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Cronaca

Terza indagine sulla morte di Pantani: a 20 anni dal decesso arriva la richiesta di archiviazione

L'inchiesta del procuratore Elisabetta Melotti e del sostituto Luca Bertuzzi, avviata su richiesta della madre del ciclista, non ha portato nuovi elementi

Il 14 febbraio cade l'anniversario dalla morte di Marco Pantani che, nel 2004, fu ritrovato cadavere in una stanza del residence "Le Rose" di Rimini. Un decesso che, da sempre, non ha convinto la famiglia del campione di ciclismo e che nel corso del tempo ha più volte chiesto la riapertura delle indagini per far luce sull'overdose che lo ha stroncato a 34 anni. Tutti casi che sono stati archiviati e, adesso, anche l'inchiesta ter del procuratore Elisabetta Melotti e del sostituto Luca Bertuzzi si avvia verso la stessa strada anche se, al momento, la richiesta non è ancora formalmente trasmessa all'ufficio gip. A chiedere la riapertura era stata la madre di Pantani, Tonina, assistita dall'avvocato Fiorenzo Alessi con il legale che ha commentato che, in caso di archiviazione, verranno valutati gli elementi per fare eventualmente una opposizione.

Nel 2022 mamma Tonina aveva dichiarato ai carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Rimini "Marco non era solo la notte che è morto, con lui c'erano due escort" e, allo stesso tempo, aveva fornito i nomi di nuovi testimoni o conoscenti del figlio mai ascoltati in precedenza. Sono state decine infatti le persone ascoltate dagli inquirenti, mai sentite prima da chi indagava. Ma nessuno pare abbia saputo fornire indicazioni certe, anzi spesso si è trattato di informazioni fuorvianti e inattendibili. La Procura di Rimini si potrebbe dire che ha "spaccato il capello" ed ha anche acquisito le risultanze della Commissione parlamentare antimafia della dine del 2022. La stessa commissione del resto aveva ascoltato in audizione il procuratore capo di Rimini, Elisabetta Melotti, che di fatto ai parlamentari aveva ribadito le risultanze dell’indagine chiusa nel 2015. La precedente indagine, coordinata dal procuratore Paolo Giovagnoli, infatti si era chiusa con un'archiviazione, dopo una nuova perizia medico legale all'epoca affidata al professor Franco Tagliaro, stabilendo che il campione di ciclismo era stato stroncato da un mix di droga e farmaci. L'archiviazione del 2015, stabilita con sentenza dal gip di Rimini, Vinicio Cantarini, aveva retto fino in Cassazione che ne aveva respinto definitivamente ricorso.

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