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Economia

Crisi, le Fiere chiedono al Governo lo stesso trattamento dei competitor tedeschi

Lorenzo Cagnoni, numero uno di Ieg, precisa come la crisi del sistema fieristico italiano non sia un'esagerazione furbesca, ma una crisi vera e molto pericolosa

"Ci aspettiamo un allineamento a competitor tedeschi sia in termini di procedure che di fondi". Questo il messaggio di Maurizio Danese, presidente di Aefi, l'associazione nazionale che riunisce i maggiori poli fieristici italiani, che tiene alta l'asticella delle richieste delle società espositive al governo. Mercoledì il premier Mario Draghi in question time alla Camera affronta il tema degli aiuti di Stato, un argomento molto sentito dalle fiere italiane, visto che su questo punto si giocherà la sfida con i competitor tedeschi, che hanno già ricevuto dal loro governo svariate centinaia di milioni di euro di supporti, avendo la Germania ottenuto da Bruxelles la deroga dall'applicazione del regime 'de minimis' sugli aiuti di Stato in virtù dell'emergenza economico-sanitaria scatenata dalla pandemia. Da mesi le fiere italiane reclamano un medesimo trattamento, si sono registrati numerosi interventi in Parlamento, ma finora gli aiuti stanziati dal governo precedente e da quello in carica sono di fatto rimasti inutilizzabili proprio a causa dei limiti imposti dal 'de minimis'.

"Il sistema fieristico italiano ha chiuso il 2019 con un miliardo e 100 milioni di fatturato e nel 2020 abbiamo perso il 75-80%, con perdite per circa 350 milioni. Bologna, Milano, Rimini e Verona fanno il 70% circa di quel fatturato e sommano la quota maggiore di perdite, attorno ai 200 milioni", fa il punto Danese in collegamento con i vertici delle quattro principali società fieristiche. "Il governo ha stanziato fondi importanti, ma abbiamo il problema del de minimis, per cui le quattro fiere più importanti possono accedere a ristori al massimo per 10 milioni ciascuna", ricorda il numero uno di Aefi. "Vuol dire che dei 180 milioni di perdite che abbiamo, possiamo ristorare 40 milioni di euro, che è il 23%. Ad oggi abbiamo ristorato appena l'1% delle perdite, perché queste quattro fiere hanno avuto 8,5 milioni di euro di ristori, con un grosso problema rispetto ai colleghi tedeschi", insiste Danese. "Oggi ci troviamo in una fase di netta concorrenza, chiamiamola sleale, da parte di uno Stato membro e ci ritroveremo alla ripartenza in una condizione di grande svantaggio", ammonisce.

A intervenire sulla situazione è anche il presidente della Fiera di Bologna, Gianpiero Calzolari. Con il sistema dei ristori italiano, spiega, "abbiamo incassato quattro milioni, se fossimo stati in Germania ne avremmo incassati 50-60". Calzolari mette in numeri la disparità di trattamento tra le società fieristiche italiane e quelle tedesche che possono contare su un fondo di 640 milioni di euro di sostegni non sottoposti ai limiti imposti dalle norme europee sugli aiuti di Stato. "Vogliamo le stesse procedure adottate in Germania", ribadisce nel corso di una conferenza stampa organizzata da Aefi. "Abbiamo cancellato 75 manifestazioni dall'inizio del lockdown, con pesanti ricadute sul conto economico. Abbiamo società che non possiamo congelare, strutture che hanno costi fissi che non si possono ridurre. Quello che facciamo fatica ad accettare un po' tutti è che da un lato c'è il riconoscimento che il sistema fieristico è fondamentale per la ripartenza dell'Italia, ma questo non si può fare a prescindere dallo stato di salute delle fiere", ammonisce Calzolari. "Oltre al danno della pandemia, c'è la beffa di avere un competitor tedesco che, a differenza nostra, è messo nelle condizioni di essere pronto per ripartire", evidenzia Calzolari. "Abbiamo chiesto 1,5 milioni, ne abbiamo ricevuti 500.000. In Germania saremmo a 35-40 milioni. In questi mesi i tedeschi hanno provveduto a ammodernare le strutture e a aumentare la propria dotazione digitale, avremmo potuto farlo anche noi", gli fa eco Gianni Mantovani, ad di Veronafiere.

"Speriamo nei segnali di mercoledì pomeriggio, anche se tutto quello che è successo fino ad ora non ci aiuta a essere ottimisti", ammette il numero uno di Ieg, Lorenzo Cagnoni. "Abbiamo alle spalle un 2020 terremotato, con perdite molto pesanti: se il fatturato ante-covid era di 180 milioni euro, abbiamo concluso il 2020 a circa 70 milioni. E i conti del 2021 saranno sicuramente peggiori. La crisi del sistema fieristico italiano non è un’esagerazione furbesca, la nostra è una crisi vera e molto pericolosa: quel tanto che ancora è presente in termini di valore strutturale e competitività del nostro settore rischia di essere definitivamente travolto dalla situazione che si sta producendo. I provvedimenti – ha concluso -sono stati numerosi, anche troppi, ma i risultati sono stati ridicoli. Nessuno di noi è in grado oggi di fare un minimo di previsione su quell’ipotetico sostegno che l’autorità di governo dovrebbe darci". (fonte Dire)

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