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A migliaia da ogni parte d’Italia alla grande festa per il sessantesimo compleanno dei Nomadi

La sindaca Angelini: “Per Riccione è un grande onore ospitare questo evento: questa band ha accompagnato le speranze di diverse generazioni con le loro canzoni, con l’amore e l’impegno sociale”

Sono arrivati a migliaia da ogni parte d’Italia per partecipare alla festa per il sessantesimo compleanno dei Nomadi. Un popolo immenso, generosissimo, una famiglia allargata, il popolo nomade, che negli ultimi sei decenni ha avuto come colonna sonora della propria vita le canzoni della grande band più longeva d’Italia. Yuri Cilloni lo ripete più volte durante il concerto: “Questa non è la nostra festa: è la vostra festa, di ognuno di voi”. Cisco (Stefano Bellotti) li chiama quasi tutti per nome, ne conosce la storia personale: più che fan sono gli amici di sempre. E’ la festa di migliaia di persone che hanno voluto condividere e celebrare il gruppo fondato da Beppe Carletti e dal compianto Augusto Daolio nella maniera in cui hanno imparato a stare insieme: cantando ogni parola di ogni brano e unendosi in un abbraccio collettivo fatto anche di tanti ricordi. Perché come ha detto venerdì sera Carletti, pensando a Daolio. “Non si vive di ricordi ma ricordare i ricordi è meraviglioso”. Ne è venuta fuori una maratona in musica di ventotto canzoni più un altro paio, quelle di Domenico Giovanni Pini, in arte Djomi, il giovane rapper di Pinarella di Cervia che ha aperto il concerto, dedicando uno dei due brani al nonno.

Prima della musica dei Nomadi sul palco di piazzale Roma è arrivata la torta per il sessantesimo compleanno con Beppe Carletti che ha voluto ricordare l’esordio con Daolio, avvenuto proprio qui a Riccione, al Frankfurt Bar di piazzale Azzarita: “Non vivo di rimpianti ma dopo sessant’anni dico che se potessi tornare indietro vorrei rivivere quell’estate lì”. “Accogliere questa festa a Riccione è un onore - ha detto la sindaca Daniela Angelini, che ha portato i saluti dell’amministrazione comunale - Questa non è solo la festa dei Nomadi: gli anni Sessanta hanno segnato la fortuna e lo sviluppo della nostra città: anni di grandi aspettative per un futuro migliore. I Nomadi hanno accompagnato queste speranze con le loro canzoni, con l’amore e l’impegno sociale”, ha osservato ricordando che il ricavato dell’incasso andrà alle associazioni benefiche Aism di Riccione e Ail della provincia di Rimini.

Soffiate le candeline, alle 21,40 è iniziato il concerto terminato poi 40 minuti dopo la mezzanotte. Tre ore in cui i Nomadi hanno proposto i loro grandi successi partendo da Cartoline da qui, poi Ma che film la vita, Contro, a testimoniare l’impegno per la pace, con le bandiere arcobaleno esibite sul palco e le immagini delle devastazioni della guerra sul maxischermo dietro la band. Alla festa non è voluto mancare Mirco Casadei che è salito sul palco e insieme a tutte le migliaia di persone in piazzale Roma ha cantato Romagna mia.

Per il popolo nomade è un concentrato di emozioni che si rinnova come sempre e ieri sera più di sempre. Io voglio vivere è un’esplosione di gioia: piazzale Roma sembra una festa di carnevale con i coriandoli che volano in cielo ogni volta che viene ripetuto il ritornello. Anche quando si ferma la musica il pubblico riparte più volte che con la voce: “Io voglio vivere, ma sulla pelle mia. Io voglio amare e farmi male, voglio morire di te”. Succede quasi per ogni canzone: finisce il brano, si ferma la musica e il popolo nomade riparte con il ritornello. Le sanno tutte a memoria perché queste canzoni hanno saputo dare le parole ai capitoli delle loro esistenze. Come la delusione d’amore che racconta Un pugno di sabbia: “Ti baciava le labbra ed io di rabbia morivo già. Ti baciava le labbra e un pugno di sabbia negli occhi miei”. O ancora la tragedia di una ragazza morta in un incidente in autostrada, Canzone per un’amica: “Voglio pensare che ancora mi ascolti, che come allora sorridi”. E poi la frustrazione e la speranza di un’intera generazione con Dio è morto e il pugno allo stomaco dell’umanità di Auschwitz con un interrogativo ancora attualissimo: “Io chiedo quando sarà che l'uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà”. Il finale è quasi obbligato con l’inno di un popolo, Io vagabondo, che abbraccia almeno tre generazioni, consapevoli che “sempre azzurra non può essere l'età” ma anche che “soldi in tasca non ne ho ma lassù mi è rimasto Dio”. 

La tre giorni “Nomadi Sessanta la Festa”, organizzata insieme al Comune di Riccione, andrà avanti fino a questa sera alle 22 con l’apertura della mostra “Augusto Daolio. Uno sguardo libero”. A Villa Mussolini si trovano disegni, dipinti, schizzi, taccuini di viaggio, fotografie, manoscritti e video raccolti dal cofondatore e leader dei Nomadi e messi a disposizione dalla famiglia. Da questi materiali emergono prepotentemente le tante personalità artistiche di Daolio che si intersecano l’una con l’altra. Sullo sfondo il racconto, il viaggio, il ritorno, l’orizzonte piatto della pianura e gli amici, sempre presenti. La mostra, a cura di Stefania Carretti, Lorenzo Immovilli ed Erika Profumieri dell’Associazione culturale Ics (Innovazione cultura società di Reggio Emilia) in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Riccione, oggi è visitabile fino alle 22 di oggi a ingresso libero. 

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