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I cuochi fanno squadra per salvare la chiesa da restaurare, nel menù protagonista la "zvòla da aqua"

Tre cuochi e un pasticcere realizzeranno un menù che avrà per ingrediente principale la Cipolla dell’Acqua di Santarcangelo, l'obiettivo è aiutare una delle chiese più belle e importanti dell’intera provincia

Una cena all’insegna della “santarcangiolesità” per sostenere l’importante intervento di restauro della Chiesa Collegiata. L’appuntamento è per mercoledì 12 ottobre alle ore 19.30 nel Teatrino attiguo all’edificio religioso interessato da lavori urgenti che ne garantiscano la sopravvivenza e l’iniziativa porta la firma dell’Associazione Brigata Del Diavolo e di Scorticata Eventi.

“Siamo nati per promuovere il bello e il buono del territorio e farne conoscere gli scorci e gli aspetti più caratteristici con il traino della cucina e, ove possibile, promuovendo eventi che abbiano finalità sociali. In questa occasione l’obiettivo è aiutare una delle chiese più belle e importanti dell’intera provincia, destinando all’intervento il ricavato della serata, ma soprattutto cercando di sensibilizzare le comunità sulla necessità di garantirne il futuro” spiega il presidente Fausto Fratti, illustrando il programma dell’iniziativa da lui ideata: “Tre cuochi e un pasticcere realizzeranno un menu che avrà per ingrediente principale la Cipolla dell’Acqua di Santarcangelo, che verrà declinata secondo la loro sensibilità in ogni singolo piatto. Sono Massimiliano Mussoni dell’Osteria La Sangiovesa, Paolo Bissaro del Ristorante Casa Rossa di Rimini, Omar Casali del Maré Cucina e Bottega di Cesenatico, Remo Camurani del Ca’Murani di Faenza e il pasticcere Andrea Marconi del Via Saffi 32. Ad accompagnare l’intero percorso ci saranno i vini “in damigiana” di Podere Vecciano di Davide Bigucci, mentre prima della cena l’amico Remo Vigorelli racconterà ai presenti la storia e le caratteristiche dell’ortaggio tipico della città. Fabrizio Flisi e la sua fisarmonica faranno poi da sottofondo musicale al momento conviviale. Ringraziamo i parroci don Giuseppe, don Giancarlo, don Davide e don Ugo per la disponibilità e la collaborazione”.

Breve storia della collegiata

La Chiesa Collegiata di Santarcangelo è stata voluta ed eretta dalla città. Infatti il suo Consiglio Comunale il 3 giugno del 1705 affidava a tre suoi membri (laici) il compito di studiare il problema di costruire una nuova chiesa in cui farsi riconoscere come “ il comune che primeggia, dopo Rimini, su tutti quelli della vastissima Diocesi”  I tre membri del Comune ci misero quasi quarant’anni per espletare le pratiche relative, e finalmente il 6 gennaio del 1741 ottennero il permesso dal governo, cioè l’indispensabile “bolla” papale. Subito il Consiglio Comunale scelse e mise a disposizione il luogo in cui costruire la nuova chiesa, mentre le confraternite popolari (del Rosario, della Purificazione, del SS. Sacramento, e poi dei falegnami, dei fabbri, dei sarti, degli agricoltori…) mettevano a disposizione le loro rendite, e la gente comune offriva lavori di manovalanza gratuita. Il progettista era stato scelto fra i migliori, Giovan Francesco Buonamici, architetto camerale, cioè papale.

I lavori cominciarono nel 1744 e finirono nel 1758, e il Comune subito commissionò speciali banconi per le autorità che l’avrebbero rappresentato durante le funzioni. Le spese per la grande costruzione furono alte; l’amministrazione aveva offerto sostanziosi stanziamenti, i privati importanti donazioni, le ripetute questu somme ingenti. Ai lavori di manutenzione e restauro in gran parte provvedeva il Comune, che dell’edificio si sentiva responsabile: nel 1824 per un primo sostanzioso restauro stanziò ben 200 scudi, in aggiunta alle offerte della gente; nel 1878 ben 3000 lire più altre 3000; nel 1881 1000 lire l’anno per sei anni. Altri restauri avvennero nel 1934, nel 1937, negli anni Ottanta (parzialmente sostenuti dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini) e nel 2000. Oggi serve un intervento importante per salvarla, da 1,5-2 milioni di euro.

La cipolla dell'acqua

Ortaggio tipico di Santarcangelo, la cipolla bionda detta anche cipolla dell’acqua (zvòla da aqua, in dialetto) era tradizionalmente coltivata lungo la zona bassa del Marecchia. Irrigata facendo scorrere l’acqua dei fossi che si dipartivano dal fiume, usati alternativamente da coltivatori e mugnai, questa varietà precoce di cipolla romagnola ha rappresentato per molto tempo una forma di sostentamento per moltissimi abitanti della zona: i santarcangiolesi erano infatti chiamati “cipolloni” (“zvùléun”) dai vicini riminesi, proprio perché famosi per coltivare questa cipolla in grandissime quantità.

Entrata lo scorso anno nell’Arca del Gusto dei presidi slow food, la cipolla dell’acqua ha visto recentemente la giunta comunale approvare un disciplinare ad hoc per il riconoscimento della Denominazione comunale d’origine (DeCO). Gli agricoltori che coltivano la cipolla dell’acqua secondo i requisiti indicati nel disciplinare redatto in collaborazione con Coldiretti e fondazione FoCuS, dunque, potranno richiedere all’amministrazione il marchio DeCO da utilizzare per la promozione e la commercializzazione del prodotto.

Come riporta il disciplinare, la cipolla dell’acqua si caratterizza per il bulbo di forma tonda e schiacciata, colore bianco e tenero all’interno e giallo chiaro dorato all’esterno. La semina della cipolla avviene indicativamente entro metà gennaio, mentre la pianta germoglia a fine marzo. La raccolta si effettua nei mesi estivi – da fine luglio a tutto il mese d’agosto – e successivamente le cipolle vengono conservate legandole insieme a treccia appese in luogo asciutto. Essendo abbastanza dolce, questa varietà viene consumata generalmente cruda in insalata, ma è ottima anche cotta in diverse preparazioni.

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