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Cronaca

Aziende agricole e allevamenti, Coldiretti: "Si vive con l’incubo delle devastazioni delle colture"

"Quando i danni ci sono, sia riferiti alle colture, ai capi predati che alla diminuzione di natalità e produzione di latte, è necessario che siano disponibili risorse per risarcirli in modo totale"

Dal Report della Provincia di Rimini, al 31 dicembre 2022 erano presenti 2.478 imprese agricole attive (-1,62% rispetto al 2021), pari al 7% del totale (e sesto settore dopo commercio all’ingrosso e al dettaglio 24,5%; costruzioni 15,1%; attività di servizi di alloggio e ristorazione 13,5%; attività immobiliari 9,8%; attività manifatturiere 7,2%). Il 77,76% delle imprese agricole provinciali si costituisce come ditta individuale, a testimoniare l’elevata diffusione di imprese diretto-coltivatrici a carattere familiare.

Le imprese femminili in agricoltura (imprese nelle quali la partecipazione di genere risulta complessivamente superiore al 50% mediando le composizioni di quote di partecipazione e cariche amministrative detenute) sono 543 pari al 7% del totale delle imprese femminili (21,91% del totale delle imprese agricole)  e si posizionano  al quinto posto in “classifica” dopo commercio all’ingrosso e al dettaglio 29,6%; attività di servizi di alloggio e ristorazione 17,4%; altre attività di servizi 11,1%; attività immobiliari 9,3%. Mentre le imprese giovanili nel settore agricolo (imprese nelle quali la partecipazione di persone “under 35” risulta complessivamente superiore al 50% mediando le composizioni di quote di partecipazioni e cariche amministrative detenute) sono il 4,3% sul totale delle imprese giovani della provincia  (4,44% del totale delle imprese agricole).

La Produzione Lorda Vendibile (PLV) provinciale del 2022 risulta pari a 146,4 milioni di euro (+17,8% rispetto al 2021), con una media dei prezzi in aumento (+20,1%) che compensa una riduzione delle quantità prodotte (-2%) e di una preoccupante diminuzione della SAU (-3,1%).

"In contrapposizione a questi numeri è necessario sottolineare - evidenziano il presidente di Coldiretti Rimini Guido Cardelli Masini Palazzi e il direttore Alessandro Corsini –  che a fronte di percentuali positive occorre considerare l’aumento esponenziale dei costi di produzione, dai concimi ai prodotti energetici, che di fatto riducono considerevolmente e talvolta azzerano il giusto profitto alle aziende agricole".

"L’agricoltura – sottolinea il presidente -, è il settore cardine del nostro sistema economico e sociale, il cui valore va ben oltre quello puramente economico: l’agricoltura, infatti, svolge la fondamentale funzione di presidio del territorio e contribuisce a delinearne e a salvaguardarne il profilo ambientale e il paesaggio. Il problema è che l’impegno degli agricoltori – evidenzia Cardelli Masini Palazzi - molte volte è vanificato da una filiera agroalimentare non “trasparente” o da accordi commerciali che non tutelano le nostre produzioni, ma anche da un incremento esponenziale dei danni causati dalla fauna selvatica, motivato da una normative lacunosa e una susseguente gestione sbagliata. Recentemente ai cinghiali e agli altri ungulati, si è aggiunto anche il lupo come pericolo reale per il comparto".

"Occorre superare la politica degli indennizzi che non rappresentano la soluzione del problema ma un semplice e parziale palliativo per danni spesso permanenti – spiega il presidente Cardelli  – vogliamo che le nostre aziende siano tutelate, per questo continuiamo a batterci affinché le attività imprenditoriali degli agricoltori e degli allevatori possano svolgersi senza l’incubo delle devastazioni delle colture e delle predazioni. Tuttavia quando i danni ci sono, sia riferiti alle colture, ai capi predati che alla diminuzione di natalità e produzione di latte, è necessario che siano disponibili risorse per risarcirli in modo totale. Questo problema riguarda ogni angolo della nostra provincia con situazioni particolarmente gravi in alcune aree a causa della proliferazione dei selvatici, con un crescendo di attacchi che mettono a rischio la sopravvivenza stessa di molte imprese agricole/zootecniche, con danni irreversibili all’economia, all’ambiente e alla tenuta idrogeologica dei territori".

Il venir meno infatti della presenza degli agricoltori nelle aree interne e della loro costante opera di manutenzione del territorio rende – spiega Coldiretti – più devastanti gli effetti del dissesto idrogeologico e accentua la tendenza all’abbandono dei piccoli centri con meno di 5mila abitanti, dove nel giro di un anno si è già registrato l’addio di oltre 35mila residenti, secondo l’analisi della Coldiretti sugli ultimi dati Istat relativi alla popolazione residente in Italia.

Nel giro di un decennio, dal 2013 al 2023, sono scomparsi quasi 90mila allevamenti in Italia - sottolinea Coldiretti - di cui 46mila stalle di mucche, 31mila di maiali e 12mila di pecore. Un addio che – precisa la Coldiretti – ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili dove mancano ormai le condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori, spesso a causa dei bassi prezzi e per la concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero. Ma a pesare – continua Coldiretti - sono anche i cambiamenti climatici che tagliano la produzione di mais e foraggi per gli animali, tra devastanti siccità e ondate di maltempo, senza dimenticare la pressione degli animali selvatici che distruggono i raccolti nelle aree interne rendendo sempre più difficile e costoso sfamare i capi allevati. Un fenomeno che mette in pericolo l’intero patrimonio caseario tricolore con 580 specialità casearie tra 55 Dop (Denominazione di origine controllata) e 525 formaggi tipici censiti dalle Regioni.

Ma a rischio – denuncia la Coldiretti – è anche la straordinaria biodiversità delle stalle italiane che Aia (Associazione italiana allevatori) in collaborazione con Coldiretti vuole tutelare attraverso il progetto Leo, acronimo di ‘Livestock Environment Opendata’ con una grande banca dati sugli animali in pericolo. Ad esempio, si stanno valorizzando ben 58 razze bovine per un totale di oltre 3 milioni e 130 mila animali, 46 ovine (oltre 52 mila e 800 animali) e 38 caprine (121 mila animali).

L’allevamento italiano – continua la Coldiretti – è un importante comparto economico che rappresenta il 35% dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 40 miliardi di euro, con un impatto rilevante dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro sull’intera filiera.

“Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate” ha ricordato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

"Il settore agroalimentare in Romagna ha rappresentato e deve rappresentare una distintività della nostra economia – precisa il direttore di Coldiretti Rimini Alessandro Corsini - l'agricoltura e l'industria alimentare sono sempre state capaci di forte innovazione e di intercettare i cambiamenti culturali e di consumo e sostenibilità, accrescendo, di pari passo, anche le conoscenze e le competenze delle nostre imprese e della nostra forza labor. Tutti fattori che potenziano la competitività delle imprese e continuano a fare dell’agricoltura uno dei settori di punta per la nostra economia".

"Oltre le diverse criticità evidenziate – continua Corsini , il settore agricolo deve fare i conti  anche con una situazione meteorologica anomala  per la quale è difficile programmare le coltivazioni che a causa delle temperature oltre alla media, maturano tutte insieme, e rischiano una vegetazione precoce, in aggiunta al rischio del possibile improvviso abbassamento della temperatura sulle piante in fiore con effetti disastrosi sulla raccolta dei frutti primaverile ed estiva".

"Dall’analisi dei dati del report provinciale – evidenzia  Giorgio Ricci vice direttore Coldiretti Rimini e responsabile dei servizi di Impresa Verde Romagna srl della provincia di Rimini – è necessario sottolineare la riduzione della superficie agricola utile (Sau) che è sinonimo di consumo di territorio vocato all’agricoltura che purtroppo aumenta ogni anno. Occorre considerare che i terreni fertili non sono inesauribili e le pubbliche amministrazioni dovrebbero avere maggiore attenzione a progettare e realizzare infrastrutture che impattano quasi sempre al 100% sui terreni, che è bene ricordare, sono il bene strumentale per gli imprenditori agricoli".

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