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Cronaca

L'Oncoematologia pediatrica eccellenza riminese, il primario: "Cento pazienti l'anno, l'80% guarisce"

Unico centro in Romagna afferente alla Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica, rete che conta 49 centri sull’intero territorio della Penisola

Un alberello di melograno, che produce un frutto formato dall’unione di tantissimi piccoli arilli, ognuno parte fondante del frutto stesso, come avviene nell’alleanza terapeutica che unisce medici, pazienti, famiglie, associazioni. È stato piantato nel giardino dell’ospedale di Rimini, nella mattinata di giovedì 15 febbraio per iniziativa di Arop (Associazione Riminese Oncoematologia Pediatrica) in occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro Infantile - International Childhood Cancer Day, data scelta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per affrontare ogni anno le problematiche dei bambini e adolescenti con tumore e delle loro famiglie. In altre parole, focalizzare l’attenzione su questo tema, cercando di ottenere risorse adeguate a garantire i diritti fondamentali dei bambini malati di cancro e sollecitando costantemente le coscienze dei singoli e le istituzioni. Del resto, il cancro infantile rappresenta ancora la principale causa di morte correlata a malattie nei bambini a livello globale, con oltre 400.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno. Di questi, circa 2.500 quelli diagnosticati in Italia nella fascia di età tra 0 e 19 anni: circa 1.500 bambini all’anno tra gli zero e i 14 anni oltre a 900 adolescenti tra i 14 e i 18 anni.

In un contesto del genere il reparto di Oncoematologia Pediatrica dell’ospedale Infermi, inaugurato nel 1999, è sempre più un punto di riferimento, riconosciuto come eccellenza a livello nazionale: si avvale infatti di un team di provata esperienza nella diagnosi e nella cura delle neoplasie e delle malattie ematologiche complesse dei pazienti nella fascia di età 0-18. Non a caso, è l’unico centro in Romagna afferente alla Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica, rete che conta 49 centri sull’intero territorio della Penisola sottoposti a periodiche visite ispettive e a monitoraggio per la valutazione dei requisiti e del rispetto dei protocolli di cura nazionali e internazionali.

“Fin qui abbiamo curato circa 450 fra bambini e ragazzi affetti da tumore – spiega Roberta Pericoli, direttrice dell’Oncoematologia Pediatrica di Rimini, fornendo qualche numero dell’attività – e all’inizio erano principalmente bambini, poi con il miglioramento delle strutture è aumentato anche il numero di pazienti fra gli adolescenti, soprattutto negli ultimi cinque anni. Abbiamo conosciuto una crescita costante e graduale, con una media attuale di 30/35 nuove diagnosi all’anno, 800 visite annuali e tra i 2.000 e i 2.500 accessi complessivi, che arrivano da tutta la Romagna e in qualche caso dalle Marche. Curiamo ogni tipo di tumore, da quelli che si presentano fin dai primi giorni di vita ad altri che si manifestano nella fascia tra i 14 e i 18 anni, sia solidi come i sarcomi che leucemie o linfomi, quelli più frequenti in età infantile assieme ai tumori cerebrali, che però vengono solo diagnosticati qui, per poi essere trattati a Bologna dove opera il reparto di neurochirurgia pediatrica, con cui abbiamo allacciato una stretta collaborazione. Sostanzialmente, considerando la durata dei cicli di terapie e i vari controlli, abbiamo in carico un centinaio di pazienti all’anno, e attualmente la probabilità di guarigione a 5 anni dalla fine delle terapie è mediamente dell’80%, successi terapeutici con percentuali differenti a seconda del tipo di tumore”.

Considerando la tipologia di paziente, il sostegno psicologico è fondamentale in quanto la complessità della diagnosi e del processo di cura coinvolge il bambino come l’intera famiglia. “All’attività di reparto si affianca una psicologa che lavora accanto a medici e infermieri, in qualsiasi fase del percorso, nel supporto ai bambini e agli adolescenti, ai genitori e alle famiglie che partecipano a distanza alla cura. Questo aspetto conta tanto quanto la terapia. Si tratta di una mediazione indispensabile, anche per riuscire a comunicare al meglio con i bambini, nella fase della comprensione della malattia come dell’accettazione della cura. Nel nostro lavoro poniamo attenzione al lato umano come a quello scientifico, e con i ragazzi e le loro famiglie si crea un legame molto stretto. E se i risultati che otteniamo sono sempre migliori lo si deve alla collaborazione con tutti gli altri professionisti che operano nel nostro ospedale, dalla farmacia a qualsiasi reparto, sempre a piena disposizione delle esigenze dei nostri piccoli pazienti garantendo l’accesso in tempi rapidi a tutte le terapie. Senza questo gioco di squadra sarebbe impossibile pensare di vincere la partita contro la malattia”.

Al tempo stesso è preziosa la rete di volontariato e di associazioni, che avendo a cuore il “tempo ospedaliero” dei bambini si impegna per riempirlo di vita normale, giochi, letture e svago, ma anche si adopera nel tessuto sociale sul fronte delle donazioni. “Constatiamo davvero tanta sensibilità e generosità nei nostri confronti. Numerose sono le donazioni che riceviamo, così come quando vengono lanciate delle campagne di raccolta fondi raggiungono in tempi rapidi gli obiettivi prefissati. E questo perché le persone toccano con mano che tutto quel che viene dato è impiegato in maniera trasparente per aiutare i piccoli pazienti. È uno dei miei punti fermi, che ricordo sempre anche alla mia equipe: dobbiamo impegnare le nostre forze per curare le persone e utilizzare al meglio le risorse”.

In tal senso determinante è stato il ruolo delle associazioni nel creare una vera e propria task force che consentisse di realizzare un progetto chiave come il nuovo Day Hospital oncologico-pediatrico dell’ospedale Infermi: grazie all'impegno di Arop con il gruppo Aesse e di altri finanziatori privati, CIA-Conad e onlus Il Germoglio, è stata raggiunta la cifra di 650.000 euro, a copertura dei costi complessivi. E così dal prossimo mese di giugno saranno operativi i nuovi ambulatori, nel corpo nord, scala D, 1° piano, per una superficie di circa 650 metri quadrati (circa 350 in più dell’attuale), estendendosi in locali precedentemente occupati da altri servizi sanitari.

“Potremo contare su spazi più ampi e attrezzati, ma soprattutto su una loro razionalizzazione visto che saranno collocati in un’unica struttura e non in tre diversi posti come adesso. Negli ultimi anni l’aumento del numero dei pazienti ha reso le attuali dotazioni carenti rispetto alle esigenze dei bambini e dei loro genitori, e il nuovo Day Hospital darà ulteriore impulso all’innovazione del sistema di cura e accoglienza dell’ospedale di Rimini e del nostro territorio. In quest’ottica rientra anche l’assunzione di un medico in più, che ci consentirà di coprire in modo migliore anche le giornate festive, con una presenza fino alle 20 per qualsiasi necessità. Un altro aspetto che tengo a sottolineare in quello che è il nostro approccio di cura integrato è il recupero dei pazienti che vanno in altre strutture per trapianti. Mi spiego: dopo un trapianto di midollo, ad esempio, il giovane deve restare ricoverato 30 giorni e poi servono controlli tre volte a settimana per altri due mesi, noi grazie a uno specifico percorso di formazione ora riusciamo a riportare a casa questi pazienti e a riprendere possesso del territorio. In termini concreti per le famiglie questo significa 60 giorni in meno di sofferenze – conclude la dottoressa Pericoli – e dunque un significativo valore aggiunto”.

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