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Cronaca

Saldi invernali, Federmoda-Confcommercio: “Auspichiamo siano volàno per liquidità delle imprese"

Zanzini: "Negozi affossati dalle restrizioni e ai margini degli aiuti. Per molti sarà un momento determinante per capire se proseguire o meno l’attività"

I numeri della provincia di Rimini sono impietosi: a causa dell'epidemia di Coronavirus il 2020 è stato una vera ecatombe, con la chiusura di 65 imprese di commercio specializzato in provincia, di cui ben 48 nei soli settori abbigliamento e calzature. Sono adesso i saldi di fine stagione, che partiranno dal 30 gennaio, a dare ai negozinati una speranza con una boccata d'ossigeno per le loro attività. “Prima di tutto è fondamentale rinsaldare il patto che lega i consumatori ai negozi di vicinato – dice Giammaria Zanzini, referente provinciale e consigliere nazionale di Federmoda -Confcommercio - nella consapevolezza che ogni euro dato ad una multinazionale che versa le sue poche tasse in un compiacente paese straniero impoverisce la nostra vita sociale. Quello che era un momento di costume come i saldi, oggi più che mai diventa responsabilità sociale. Auspichiamo che siano un volàno per la liquidità delle imprese, necessaria per pagare tasse, dipendenti, fornitori, affitti, costi fissi, utenze e far fronte agli ordinativi delle nuove collezioni. Sappiamo che purtroppo i saldi hanno perso appeal e valenza, disinnescati dalla liberalizzazione delle promozioni. Un tema, quello degli sconti, che andrà affrontato in maniera univoca sul piano nazionale, parimenti a quello di una seria webtax per le multinazionali dell’e-commerce, perché esiste un problema di concorrenza e di democrazia economica rispetto alle politiche commerciali dei colossi del web, che ottengono nel nostro Paese grandi ricavi pagando bassissime tasse mentre nello stesso mercato si deve operare a parità di regole".

"Sul nostro territorio - prosegue Zanzini - l’auspicio è che il prima possibile possa essere classificato in zona gialla, o ancor meglio bianca, per ridurre al minimo le limitazioni alla libertà di spostamento delle persone. In questi mesi infatti il commercio al dettaglio, soprattutto nel settore abbigliamento e calzature, è stato affossato. Prima con la chiusura del 24 dicembre, giornata in cui un negozio incassa più che ogni altro giorno dell’anno, poi rimanendo aperti per legge ma subendo un crollo verticale delle vendite, dovuto ad un combinato disposto che va dal calo dei consumi dovuto all’incertezza globale alla mancanza di eventi e manifestazioni, dal massiccio ricorso allo smartworking alla chiusura di bar e ristoranti che ha spopolato vie e piazze facendo venire meno l’occasione per recarsi nelle vie dello shopping".

"Rimangono in ogni caso di fondamentale importanza i ristori ai negozi del settore moda che stanno pagando più pesantemente di altri l’impatto negativo della pandemia ma che non hanno beneficiato, se non in minima parte, delle misure messe in atto dal governo. Ne è conferma il report delle imprese iscritte/cessate del commercio al dettaglio nel 2020 con i dati elaborati dalla Camera di Commercio della Romagna su fonte Infocamere Stockview. Per quanto riguarda il commercio al dettaglio in esercizi specializzati di prodotti tessili, di mobili e articoli d’illuminazione e per la casa, di articoli sportivi, di abbigliamento e di calzature e pelletteria, il 2020 è stato una vera ecatombe, con la chiusura di 65 aziende, di cui ben 48 nei soli settori abbigliamento e calzature. Tutte, e dico tutte le aziende di commercio al dettaglio in sede fissa, compreso dunque l’alimentare, hanno chiuso con il segno meno: -174 è il saldo finale in provincia, che vede a fronte delle 95 iscrizioni, ben 269 cessazioni. Non va meglio il dato relativo al Comune di Rimini, dove prendendo in esame le stesse tipologie di imprese, il saldo negativo è di -36; -86 (41 iscrizioni e 127 cessazioni) se si prendono in esame tutte le tipologie di commercio al dettaglio. Il bilancio è deleterio su tutto il territorio nazionale e il nostro territorio non fa differenza. Di questo passo il rischio è una Chernobyl commerciale. Auspichiamo che nel prossimo DL Ristori le istituzioni si ricordino di noi, prima che del nostro settore si possa parlare solo al passato”.

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