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Nasce a Verucchio il primo museo in Italia dedicato ai rifiuti. Analoghi solo in Spagna e Francia

Nella cittadella malatestiana il primo museo in Italia dedicato alle cose ritrovate, l'inaugurazione vera e propria dovrebbe avvenire a fine autunno

Sabato 9 settembre, alle ore 10,30, presso il Municipio di Verucchio avverrà la presentazione del Micro. Museo dell’Oggetto Ritrovato. Quello di creare nella cittadella malatestiana il primo museo in Italia dedicato alle cose ritrovate, è finalmente arrivato al suo felice epilogo. E così Stefania Sabba, sindaca di Verucchio e Gabriele Geminiani, in veste di ideatore del progetto e patron del Green Festival Montefeltro e San Marino, si preparano ad accogliere il pubblico nella sala comunale dove il progetto verrà raccontato e presentato visivamente. La parola andrà anche al professor Roberto Vecchiarelli, docente dell’Accademia di Belle Arti di Urbino che ha firmato l’allestimento museale. Assente giustificato Mario Turci, antropologo e già direttore del Met di Santarcangelo, che del Micro sarà il consulente scientifico.

Seguirà quindi una visita alla sede del museo, il bellissimo Torrione delle Mura di San Giorgio, dove al momento sono appoggiate alcune cose in attesa di essere sistemate in maniera definitiva, per una inaugurazione vera e propria che dovrebbe avvenire a fine autunno.

Senza voler anticipare troppo, chiediamo a Geminiani in maniera anche un po’ provocatoria, il perché di un museo sui rifiuti?

“Sicuramente perché le cose rifiutate, talora ridotte a frammenti e detriti, parlano di noi e della nostra storia recente, quanto le pagine di un trattato di sociologia o di antropologia. Oltre ad avere un potere evocativo, affettivo ed estetico straordinario che non può non far breccia nell'anima delle persone".

C'è un qualche messaggio ambientalista in questo progetto?

Certamente. Il progetto ha una sua spiccata valenza ecologica, alimenta una chiara riflessione sulla nostra era consumistica, andando a indagare il rapporto fra l'uomo e le cose. Un rapporto che il sistema ha reso labile rendendo volutamente effimera la durata degli oggetti che,  privati di quel tono e di quell'aura che un tempo invece avevano, non riescono a  far scaturire un legame e un'affettività con le persone. Persone che tendono quindi a gettare piuttosto che a riusare, conservare, riparare”.

Da dove arrivano i suoi reperti e che caratteristiche devono avere?

“Ho sempre subito il fascino delle povere cose abbandonate al proprio destino nei greti dei fiumi come sulle battigie invernali. Si tratta di cose logore delle quali mi ferisce profondamente lo stato di abbandono unito a quello del degrado, dello sfinimento, dell’agonia”.

Un ultima domanda, come mai la scelta di Verucchio come sede?

“Sostanzialmente ci sono due motivi. Il primo è che io trovo sentimentalmente fondante e filologicamente pertinente, la presenza a Verucchio del Museo Villanoviano, con un corredo di reperti straordinario. Questo parallelo fra archeologie di un passato remoto e di uno recente è suggestivo e dà adito a tante riflessioni, che possono sfociare in progetti da condividere con artisti, poeti, ricercatori con il coinvolgimento di docenti e studenti di accademie di belle arti, corsi di design, ecc. Il secondo motivo, che è determinante, è la visionarietà della sindaca Sabba e del suo staff, che hanno intravisto nel museo un prodotto innovativo adatto ad un turismo culturale sempre di più a caccia di meraviglie e di realtà esclusive. Perche senza una loro 'casa' le idee come i sogni, restano chiusi nel cassetto”.

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