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Cronaca

Campagna contro la pillola abortiva: il Comune nega il permesso di affiggere i manifesti

Secondo il comune di Rimini, così come altri comuni d'Italia, la definizione di "veleno" per un farmaco approvato dall’Ema e dall'Aifa, rappresenta quindi una comunicazione falsa

Il Comune di Rimini dcie no alla campagna pubbliciataria contro la pillola abortiva RU 486. Nei giorni scorsi l’Associazione Pro Vita & Famiglia ha presentato domanda all’ufficio affissioni del Comune per la diffusione di 100 manifesti nell’ambito della campagna nazionale di sensibilizzazione contro l’uso della pillola. Si tratta di una campagna pubblicitaria che dal suo avvio ha scatenato parecchie polemiche in varie parti di Italia, a partire da Milano e Bergamo dove è stata disposta la rimozione dei manifesti, in quanto essi conterebbero messaggi falsi e fuorvianti.

Il manifesto infatti presenta una donna stesa per terra dopo aver addentato una mela, con la frase che campeggia in alto: "Prenderesti mai del veleno?" Seguita dalla frase scritta in maiscolo: "Stop alla pillola abortiva RU486" e, infine: "Mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio nel grembo". Un messaggio che ha scatenato polemiche in diverse città d'Italia e, ad esempio, i Comuni di Milano e Bergamo hanno motivato la rimozione in quanto il farmaco – RU486 – è sicuro e approvato dall'Aifa, e i manifesti in questo modo mirano a ingenerare allarme per la salute e la vita delle donne che ne fanno uso. Una linea che condivide anche la Giunta Comunale che con delibera di martedì ha dato diniego formale all’affissione dei manifesti.

Una decisione presa per molteplici motivazioni. Questo perché l’art. 46 del Codice dell’Autodisciplina della Comunicazione Pubblicitaria dice che anche i messaggi di comunicazione sociale non possono sfruttare indebitamente la miseria umana nuocendo alla dignità della persona, né ricorrere a richiami scioccanti tali da ingenerare ingiustificatamente allarmismi, sentimenti di paura o di grave turbamento; e, ancora non possono colpevolizzare o addossare responsabilità a coloro che non intendano aderire all’appello; e non si deve presentare in modo esagerato il grado o la natura del problema sociale per il quale l’appello viene rivolto. Inoltre è specificato che i promotori di questi messaggi di comunicazione sociale possono
esprimere liberamente le proprie opinioni sul tema trattato, ma deve risultare chiaramente che trattasi di opinioni dei medesimi promotori e non di fatti accertati. 

Secondo il comune di Rimini, così come altri comuni d'Italia, la definizione di “veleno” per un farmaco approvato dall’Ema e dall’Aifa, giudicato quindi sicuro dalle massime autorità in materia, rappresenta quindi una comunicazione falsa, fuorviante e ingannevole e non sostenuta da fatti accertati. Dunque, per l'amministrazione comunale, al netto delle considerazioni in merito all’utilizzo del farmaco che rientrano nel campo delle scelte più private dell’individuo, questa pubblicità costituisce una comunicazione distorsiva della realtà, volta a disincentivare l’uso della pillola creando un falso allarmismo, senza il supporto dei fatti. Allarmismo ancora più pericoloso quando il tema è la salute, in questo caso delle donne.

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