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Cronaca

Era accusato di aver baciato un ragazzino, la Cassazione assolve il bidello

Un calvario giudiziario durato 6 anni, i legali dell'uomo pronti a presentare un'istanza di risarcimento per l'ingiusta detenzione del loro assistito

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dal Procuratore generale e, dopo un lungo calvario giudiziario, si conclude con una assoluzione la vicenda del bidello finito al centro di ben 3 indagini per pedofilia. Scagionato dalle prime due, l'ultimo processo che lo vedeva imputato era inerente al tentativo di baciare un ragazzino. Le vicende erano emerse nel 2018 ed erano tre i filoni dell'indagine che pesava sia sulla testa dell'uomo, un 37enne, che della moglie  sospettata di "coprire" i comportamenti entrambi difesi dagli avvocati Massimiliano Orrù e Carlotta Venturi. Nel procedimento che li vedeva entrambi imputati per pedofilia il primo grado si è concluso con una assoluzione per i due nonostante il pubblico ministero avesse chiesto una condanna a 1 anno e 9 mesi a testa.

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Nei confronti della coppia la Procura contestava all'uomo di aver adescato dei ragazzini amici del figlio, tutti tra i 14 e i 17 anni, spacciandosi per esperto di montaggi video su internet offrendo ai giovanissimi i suoi servigi convincendoli che grazie a lui sarebbero diventati famosi sui social network. Per gli inquirenti, invece, si trattava di un pericoloso predatore sessuale che, dopo aver carpito la fiducia dei minorenni, avviava chat a sfondo sessuale con scambio di foto e video offrendosi allo stesso tempo come "spalla" per risolvere i problemi dei ragazzini anche mediante riti e poteri magici di cui sosteneva di essere dotato, instaurando così "un rapporto intimo ed esclusivo, che gli consentiva di manipolarli al fine di perseguire i propri scopi" il tutto con la complicità della moglie. Secondo le accuse, infatti, quest'ultima per "copire" le reali intenzioni del 37enne contattava i genitori dei ragazzini rassicurandoli sulle intenzioni innocenti del marito esortandoli a permettere ai figli di frequentarlo. La difesa ha sempre sostenuto che quei messaggi non fossero sufficienti per configurare il reato di adescamento. A quelle attenzioni, inoltre, non erano mai seguiti degli incontri di persona.

L'uomo, che lavorava in una scuola del riminese e che venne poi sospeso, era stato arrestato nel novembre del 2018 dalla Squadra Mobile della Questura di Forlì nell'ambito di un'inchiesta sulla pedofilia. In questo caso il 37enne doveva rispondere di due violenze sessuali nei confronti di altrettanti minorenni. Il bidello era stato condannato sia in primo grado che in Appello ma, in Cassazione, i giudici della massima corte hanno annullato entrambe le condanne. Il secondo caso, invece, riguardava un abuso sessuale con violenza in quanto avrebbe baciato un 17enne che però sarebbe stato consenziente e quindi per i giudici il capo d'imputazione sarebbe da riqualificare in abuso sessuale con induzione e avevano rinviato le carte al Gip del Tribunale di Forlì. Per quanto riguarda questo filone, l'uomo era stato assolto perchè il fatto non costituisce reato.

I legali dell'uomo, dopo la serie di assoluzioni, avevano annunciato l'intenzione di presentare un'istanza di risarcimento per l'ingiusta detenzione del loro assistito che, tra carcere e domiciliari, si è visto privare della sua libertà per quasi un anno.

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