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Cronaca Monte Colombo

Paolo Graziosi riposa nel cimitero della sua Taverna di Montecolombo

Il celebre attore aveva infatti espresso il desiderio di essere sepolto nel paese che gli ha dato i natali accanto ai suoi famigliari

Dopo le esequie a Roma nella Chiesa degli Artisti, la salma di Paolo Graziosi è stata inumata nel cimitero di Taverna nel Comune di Montescudo-Monte Colombo. Il celebre attore aveva infatti espresso il desiderio di essere sepolto nel paese che gli ha dato i natali accanto ai suoi famigliari. La cerimonia funebre è stata officiata da don Antonio Fabbri, presenti la moglie Elisabetta Arosio, i figli Davide e Viola, parenti, amici e numerosi cittadini. Per l’Amministrazione Comunale di Montescudo- Monte Colombo sono intervenuti il Sindaco Gian Marco Casadei, l’Assessore al  Turismo e Commercio Caterina Nicodemo e il Consigliere delegato alla Cultura Gilberto Arcangeli.

Il Sindaco, dopo aver espresso alla famiglia le condoglianze della Amministrazione e della Cittadinanza, ha ricordato brevemente la figura di Paolo. “ Nato a Montescudo il 25 gennaio 1940 nella sua abitazione in via F. Rosaspina, 6 (nella foto) ha vissuto l’infanzia nel centro storico di Montescudo. Il padre, proveniente da Monte Colombo, aveva trasferito la propria bottega di calzolaio in via Roma dove ora c’è la cucina del Teatro Rosaspina. Nel luglio del 1947 la sua famiglia si trasferì a Rimini, Paolo frequentò la scuola presso i Salesiani e cominciò a recitare  nel loro teatro in Piazza Tripoli” .  “ Desidero esprimere tutta la mia ammirazione per l’opera di Paolo – ha concluso il Sindaco Gian Marco Casadei- un ottimo attore molto amato dalla gente. L’Amministrazione comunale non si dimenticherà di lui”.

Paolo Graziosi, quando aveva degli spettacoli nel riminese, faceva spesso visita al cimitero di Taverna e nei luoghi della sua infanzia. “Nel 2005 durante il tour nazionale - ricorda Gilberto Arcangeli- Paolo venne a Montescudo ed in quella occasione condivise con me un ricordo: “Durante un bombardamento aereo io, la mia famiglia e i vicini ci rifugiammo nella grotta dei Casadei Menghi. I bombardamenti distrussero mezzo paese, ma da noi fortunatamente nessun danno. Ci accorgemmo però  che non c’era più il maiale. Preoccupati per la scomparsa dell’importante fonte di cibo, seguimmo le tracce di sangue che portavano al ristorante Bellavista. Mio padre aprì lentamente la porta e, sbirciando dentro, vide i soldati tedeschi che macellavano il maiale. Chiudemmo lentamente la porta e tornammo a casa”.

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