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Cronaca

Truffa dei Superbonus, si apre il processo per uno dei principali indagati

Il commercialista Stefano Francioni sul banco degli imputati verrà giudicato con rito abbreviato, altri 6 hanno scelto il rito ordinario davanti al Tribunale Collegiale

Si è aperto il processo con rito abbreviato per il commercialista riminese Stefano Francioni titolare dell’omino studio di consulenza, difeso dagli gli avvocati Mattia Lancini e Andrea Guidi, finito sul banco degli imputati nell'ambito dell'inchiesta della Guardia di Finanza di Rimini sulle truffe del Superbonus "Free credit". Il professionista verrà giudicato dopo l'audizione di un consulente tecnico d'ufficio che dovrà fare chiarezza sulle procedure per la cessione dei crediti d'imposta e che testimonierà il prossimo 28 febbraio mentre, il 28 marzo, sarà ascoltato dal giudice lo stesso imputato. Degli altri 7 principali indagati della maxi truffa, che secondo gli inquirenti avrebbe fruttato al gruppo oltre 440 milioni di euro, il commercialista salentino Andrea Leonetti che per evitare la cattura si era rifugiato a Santo Domingo è uscito di scena dopo aver patteggiato la pena mentre gli altri 6 hanno invece deciso di affrontare il giudizio del Tribunale collegiale presieduto dalla dottoressa Fiorella Casadei. Le udienze sono iniziate lo scorso 13 dicembre per Nicola Girolamo Pasquale Bonfrate titolare del ristorante La Playa di Cesenatico (difeso dagli avvocati Francesco Maria Crociani e Gianluca Filippone), il commercialista rodigino Matteo Banin (avvocato Carlo Benini), Giuseppe Felice Guttadoro gestore dell’hotel Saxon di via Cirene a Rimini (avvocato Piero Venturi), Francesco Nappi da Salerno (avvocato Generoso Pagliarulo), Sabbatino Schiavino imprenditore di Santa Maria Capua Vetere assurto agli onori della cronaca anche per essere stato trovato con un trolley con 390mila euro in contanti (difeso di fiducia dall’avvocato Maria Rivieccio), Luca Fallarino da Peschiera Borromeo (Milano) e il procedimento è stato aggiornato al prossimo 17 gennaio.

Il blitz in tutta Italia, che aveva portato all'arresto di 12 persone e all'emissione di 23 misure interdittive nei confronti di altrettanti commercialisti e altre 56 persone coinvolte a vario titolo, era scattato all'alba del 31 gennaio scorso e aveva visto coinvolte Emilia Romagna, Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto con 80 perquisizioni e il sequestro di contanti, lingotti d'oro e criptovalute per diversi milioni di euro. Tra gli indagati 9 percepivano il reddito di cittadinanza mentre, altri 3, erano già noti per associazione a delinquere di stampo mafioso. L'indagine era iniziata nell'estate del 2021 quando era scattato un campanello d'allarme nel corso di una procedura fallimentare che aveva coinvolto una società riminese. In quell'occasione a segnalare alla Procura un'anomalia era stato un commercialista che aveva evidenziato come l'azienda aveva effettuato una strana cessione di crediti d'imposta. Dall'analisi era emerso gli ideatori della truffa, le 12 persone finite in manette oggi, avessero ideato un sistema quasi perfetto per frodare lo Stato attraverso la compravendita della cessione dei crediti d'imposta per le locazioni e i bonus facciate e sismabonus. Secondo gli inquirenti i principali indagati, 4 riminesi, 2 residenti a Barletta, 1 a Rovigo, 2 a Milano, 1 a Napoli e 1 a Salerno, avevano creato un vero e proprio sodalizio criminale attraverso un articolato modus operandi che sfruttava alcune falle nel sistema per l'erogazione dei crediti d'imposta.

Il primo passo era quello di individuare aziende in gravi crisi finanziarie o oramai decotte che, però, avessero dei contratti di locazione in essere o in fase di avvio. Attraverso una serie di prestanome il gruppo riusciva ad entrare nella società in crisi fino a prenderne le redini e, di fatto, gestirle al fine di poter accedere al "Cassetto fiscale" e richiedere all'Agenzia delle Entrate l'erogazione del 60% dell'affitto del 2020 sotto forma di credito d'imposta che, poi, veniva rivenduto ad un'altra società compiacente. Così "ripulito", il credito veniva rivenduto al 50% del suo valore nominale ad altre aziende che inconsapevolmente potevano utilizzarlo per scalare le tasse da pagare oppure monetizzato attraverso le Poste Italiane che riconoscevano il 98% del 60% di cui si aveva diritto. Tra i casi più eclatanti, a fronte di un affitto di 3500 euro, questo era stato gonfiato a oltre 9 milioni per i quali era stato poi chiesto il rimborso. Secondo le Fiamme Gialle il gruppo, vista la riuscita con le locazioni, avevano poi allargato il giro interessandosi agli altri bonus. In questo secondo caso, attraverso i professionisti compiacenti, dichiaravano lavori di ristrutturazione che non erano mai stati eseguiti il tutto anche all'insaputa dei proprietari degli immobili coinvolti. Il caso più emblematico quello di un bonus facciate da oltre 41 milioni di euro per lavori mai eseguiti.

I 12 ideatori della truffa, che si riunivano periodicamente a Rimini per tracciare le strategie, si affidavano a una lunga serie di prestanome per l'intestazione fittizia delle società che andavano a chiedere i crediti d'imposta per poi inserire i vari dati delle aziende sul portale telematico. Dalle intercettazioni telefoniche è emerso come "in una mangiata di panzerotto" erano in grado di inserire per via telematica decine e decine di richieste al giorno. Per portare avanti l'inganno in tutta sicurezza, infatti, i crediti venivano parcellizzati in una rosa di 116 aziende in maniera tale da non saltare agli occhi durante i controlli. Alla fine le Fiamme Gialle hanno documentato dei movimenti dei crediti per 1 miliardo di euro.

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