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Cronaca

Medici di famiglia allo stremo, la Cgil: "Serve una rivoluzione, con un nuovo modello organizzativo"

Il sindacato: "Realizzare organizzazioni territoriali multiprofessionali, medici, infermieri, assistenti sociali, ostetriche, che operino congiuntamente"

Novanta medici di famiglia e pediatri scrivono una lettera pubblica per spiegare le condizioni in cui si trovano ormai quotidianamente a operare. E la Cgil propone un cambio di marcia e di modificare l'attuale organizzazione della medicina generale "non all'altezza delle esigenze dei cittadini". Secondo il sindacato la pendemia ha insegnato che è necessario ristrutturare il sistema e mette nero su bianco delle proposte: "Occorre individuare modi e strumenti per realizzare organizzazioni territoriali multiprofessionali (medici, infermieri, assistenti sociali, ostetriche) che operino congiuntamente, che si coordinino e che abbiano obiettivi comuni, che si dotino di modalità di lavoro condivise, che abbiano le stesse tecnologie di supporto. Lavorare da soli non aiuta i professionisti e non aiuta quindi neppure i pazienti, anche nell’efficacia e nell’appropriatezza dei percorsi territorio/ospedale".

Il sindacato raccoglie il grido di dolore dei professionisti: "La Cgil condivide parte delle preoccupazioni espresse nella lettera dei medici di medicina generale e riconosce, per alcuni aspetti, le difficoltà della gestione legata alla pandemia. Il sistema di tracciamento non è in grado di affrontare i grandi numeri e gli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta sono presi d’assalto e oberati con richieste burocratiche legate a isolamento, quarantena, tracciamento per le scuole".

"Le persone si aspettano un servizio presente tutti i giorni, per un’ampia fascia oraria ed è chiaro che nessun professionista singolarmente sarà mai in grado di far fronte a questa esigenza - prosegue la nota -. Ma è provato
dall’esperienza sul campo che gruppi di professionisti, che lavorano insieme, hanno molto ampliato l’offerta rispetto ai medici che lavorano isolati. Su questo fronte, c’è però un primo problema: l’attuale rapporto di convezione lascia molto alla disponibilità del singolo. Questo produce delle differenze rilevanti nelle risposte che i cittadini ricevono. Una parte dei medici, non sentendosi parte organica delle Ausl, svolge un’attività assistenziale separata e a volte di scarsa efficacia, trincerandosi dietro l’autonomia del proprio status di liberi professionisti. La conseguenza è che le case della salute (le case di comunità di domani, così come le prevede il Pnrr) non potranno mai essere un punto di riferimento certo per i cittadini. Durante la pandemia, i fatti hanno dimostrato che la frammentazione e l’isolamento nella medicina generale e della pediatria di base e l’attuale modello organizzativo rendono estremamente fragile il sistema".

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